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nel sito dello "Scoiattolo del Lago Maggiore". Questo sito e' la parte individuale e personale del webmaster, responsabile del sito principale www.schino.com .
L' obiettivo del sito e' di ricomporre in una sola area tutte quelle informazioni precedentemente archiviate in soffitta per dare la possibilita' allo scrivente di rivedere il suo passato, di ricordare quanto fatto quando era ancora ragazzo, e aggiungere quello che e' presente allo stato attuale.

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Nella vita prima o poi ...

scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

Diario Servizio Militare


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Servizio militare

Diario del mio servizio militare  
  archiveNel caso che il lettore desideri avere tutto il diario raggruppato in una sola pagina....
fo_win3 - 1-  La partenza da Bari e l' arrivo ad Imperia   Descrizione.
fo_win3 - 2-  Il primo giorno in caserma (Imperia)   Descrizione.
fo_win3 - 3-  Fase della vestizione   Descrizione.
fo_win3 - 4-  La prima settimana   Descrizione.
fo_win3 - 5-  I primi 15 giorni   Descrizione.
fo_win3 - 6-  La prima uscita   Descrizione.
fo_win3 - 7-  Il primo mese   Descrizione.
fo_win3 - 8-  La prima licenza   Descrizione.
fo_win3 - 9-  Poligono di tiro   Descrizione.
fo_win3 - 10-  Il Giuramento   Descrizione.
fo_win3 - 11-  Il dopo Giuramento   Descrizione.
fo_win3 - 12-  L' ultimo giorno in caserma (Imperia)   Descrizione.
fo_win3 - 13-  La caserma di Imperia   Descrizione.
fo_win3 - 14-  La partenza da Imperia e l' arrivo a Roma   Descrizione.
fo_win3 - 15-  Il primo giorno in caserma (Roma)   Descrizione.
fo_win3 - 16-  La Scuola Cecchignola (Roma)   Descrizione.
fo_win3 - 17-  Conclusioni a tutt' oggi, anno 2003   Descrizione.


La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

 








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CAR 01

La partenza da Bari ed l' arrivo ad Imperia  
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fo_win3  2° parte   Il primo giorno in caserma (Imperia)

schino08 Quindici giorni prima mi giunse la cartolina "invito" di recarmi al Distretto Militare per ricevere la trasferta per poi partire. Undici giorni ancora, poi non sarei piu' stato sul mio borgo natio. In quei giorni mi recai da vari amici, da famigliari, per acconsentire agli inviti di mio padre; intanto i giorni passavano, l' ora per il "via" avvanzava.
Il giorno prima della partenza preparai la valigia, e mi preparai anch' io moralmente a cio' che a distanza di ore mi aspettava. Il giorno venne, era un sabato di febbraio. Due giorni prima, dimenticavo, mi recai al Distretto e ricevetti ben 2.750 lire italiane, e mi dissero che il treno da prendere era il direttissimo Bari-Torino che partiva sul primo binario alle 19,00 di sabato.
Spunto' l' alba del 4 febbraio 1967, l' ultimo giorno, ultime ore a Bari; tutto era pronto. Mio padre preferi' non andare al lavoro per aiutarmi a sistemare l' occorrente, per consigliarmi su quella o quell' altra cosa, su tutto cio' che avrei incontrato nella vita militare. Mi costrinsero a riposare, non ci riuscii, mi alzai, rasi la folta e nera barba, indossai abiti estivi. Finito cio' incominciai a mettere in ordine nella valigia la biancheria, vari oggetti letterecci e fac-simili; nel frattempo le lancette si sovrapponevano, il sole scendeva sempre di piu'. Mio padre si reco' in bici da mio zio e ritorno' in macchina; mangiai qualcosa, presi una modesta somma di denaro ricevuta dai famigliari e da papa' et aspettai.
Nel frattempo scoppio' una lite fra il sottoscritto e le sorelline; non ricordo per quale motivo, ricordo anche che cio' si sarebbe ripetuto quando tornai a casa per la prima licenza; di quella arrabbiatura ricordo solo che uscii per calmarmi quel poco che mi consentisse di parlare ancora; comunque arrivato il momento presi la valigia che poi me la tolse papa' per portarla lui e mi avviai alla macchina, una seicento vecchio tipo. Partiti feci fermare l' auto vicino a un grande magazzino per prendere un piccolo coltello, non lo trovai, ritornai in macchina e ripartimmo inoltrandoci nel traffico caotico della mia citta'.
Giungemmo alla stazione centrale sempre in auto che gentilmente fu guidata e poi parcheggiata alla stazione da mio zio.
binari_sconnessi_01 Giungemmo un' ora prima, il treno era ancora sul binario morto, salii e deposi sulla mensola la valigia. Salirono anche mio zio e mio padre, che sino all' ultimo minuto mi invitarono a scrivere spesso e a darmi dei consigli. Prima di partire da casa, salutai e baciai mia madre piangente, le mie sorelle che quel sabato, come gia' detto, mi fecero irritare come non lo ero mai stato e poi il fratellino.
Il pianto di mia madre mi colpi' tanto da farmi scendere le scale in lacrime. In macchina mio padre se ne accorse, non mi disse nulla, pero' e' come se avesse voluto dirmi, "Come vedi ti vogliamo bene, e questo ti serva di ricordo".
Il treno fu riportato dal binario morto sul primo. Molta gente vi sali', molti partivano fra cui anch' io, anch' io avevo gente a salutarmi e nel salutare gli amici, ebbi parecchi incoraggiamenti, sorrisi e da un mio amico che venne a trovarmi a casa il giorno prima, ricevetti con molto garbo una abbondante serie di buste con relativi fogli e francobolli.
Quell' amico si chiamava Pino Gadaleta, gli altri che mi salutarono furono Gino Cellammare, Tonino ed altri di minore importanza.
Il treno si affollava, non riuscii a trovare qualcuno che andasse sulla mia stessa "rotta". Anche un mio amico Paolo doveva recarsi alle armi, accolse un mio invito e prese il mio stesso treno che poi lo avrebbe lasciato per un altro. Alla stazione ferroviaria non venne colui che mi regalo' il "completo" perche' l' avevo salutato la mattina del sabato; si recava a Brindisi per un colloquio in una ditta di apparecchiature elettroniche navali. Prima che il treno partisse, ricevetti una stecca di cioccolato da un "matematico tedesco" che si era iscritto alla omonima facolta'.
treno_00 Nel frattempo il convoglio era colmo e tutti si erano esposti fuori dal finestrino. Ore 19 del 4 febbraio 1967 , il treno si staccò dalla sua posizione iniziale assicuratosi del lampeggiare del capostazione nonché da un fischio.
Tutti gli astanti, salutavano con uno degli arti superiori alzato, i partenti risposero. Anch' io fui salutato, risposi, sino a che la stazione allontanatasi sempre, svanì nell' oscurità. Prima di partire baciai mio padre al quale notai che era commosso, anche questa volta mi vennero le lacrime agli occhi; nel frattempo il treno continuava la sua corsa da poco iniziata e mi rintanai nello scompartimento insieme al mio amico Paolo ed ad alcuni giovani che si recavano al nord per motivi loro che a me non interessavano.
Nelle prime ore si parlò di argomenti vari, barzellette, alcuni giornalini vennero spoltati, poi si mangio' qualcosa e ci addormentammo. Si sentivano i caratteristici suoni del treno, il suo spostamento, le frenate, le curve, le accelerazioni, i continui fischi e così via.
Giungemmo a Foggia, in questa stazione vi era molta gente che ci aspettava, non per salutarci intendiamoci, ma per salutare coloro che vi salirono e che partivano con me. Ad ogni stazione vi era gente che saliva, vi erano giovani che salivano; vi erano giovani gia' saliti da parecchio tempo!
Venne parecchie volte il controllore e tutte le volte mostravo la cartolina precetto con su scritto "89° Reggimento Fanteria CAR, Imperia". Il treno percorse la via adriatica e dopo dieci ore arrivai a Voghera dove scesi e salutai i miei compagni di viaggio nonché il mio "Bedin".
Aspettai la coincidenza. Prima di arrivare a Voghera, vidi, nonostante fosse notte, la nebbia molto densa della pianura Padana, caratteristica di quella regione. Cambiarono la motrice. Scesi dal treno per fare quattro passi. Notai quando fui sceso che molti ebbero la mia stessa idea, tutti giovani con la valigia e con il viso pallido. Faceva molto freddo, io indossavo oltre al necessario anche un impermiabile. La coincidenza diretta alla mia destinazione doveva venire dopo un' ora circa, per cui mangiai un panino, scrissi una cartolina illustrata a casa e girai un poco nei giardini della stazione. Aveva piovuto molto in quel luogo; notavo grandi pozzi d' acqua sulle strade deserte ed illuninate. Il freddo gelido non ebbe piu' a compiacersi sulle nostre persone perché salimmo su un altro treno il quale ci avrebbe portato là dove ci aspettavano.
Mi accorsi che molti si recavano alla mia stessa destinazione, altri più avanti, altri più indietro, verso il confine con la Francia. Attraversammo parecchie gallerie abbastanza lunghe, e giungemmo dopo un paio d' ore a Genova; il treno costeggiò la stazione marittima nella quale vi era ancorata una delle navi transatlantiche italiane bianche.
A Genova non scendemmo, rimanemmo nel nostro alloggio e notai che detta stazione era come quella di Roma e di Milano ossia era di "testa". Avrei voluto scendere per mandare un telegramma, ma mi accorsi che non sapendo il luogo mi sarei certamente trovato a disagio.Vi era molta gente quel giorno, vi erano molti pensieri nella mia testa. Il treno partì e costeggiò sempre il mare. Mi trovavo sulla riviera ligure e notai, ormai era alba inoltrata, che la costa era molto frastagliata, rocciosa e a strapiambo; vi erano non poche gallerie, rimasi in piedi per tutto il tragitto da Genova ad Imperia, mi incantava vedere il sole all' orrizzonte spuntare dall' acqua, ero attratto dalla bellezza della natura a me nuove, vedute panoramiche fantastiche.
Nel frattempo il treno senza indugiare agli ingressi delle gallerie entrava con un boato et un sibilo acuto, guardavo dal finestrino le onde della bassa marea che si frantumavano sulle rocciose scogliere. Si fermò a molte stazioni secondarie; e ivi salirono continuamente viaggiatori . A volte le due strade, quella ferrata e quella stradale correvano parallelamente a pochi metri e istintivamente partivano i saluti dagli occupanti dei due mezzi, comunque l' importante era che la stazione di Imperia si avvicinava sempre più e il treno continuava la sua corsa, senza sbuffare per la stanchezza, non era il caso, era elettrico!.
All' uscita da una ennesima galleria spuntò in mezzo al mare un isolotto del quale nessuno sapeva il suo nome; era molto coperto di vegetazione e la costa cadeva perpendicolare sul mare; scomparve quando il convoglio entrò in un' altra galleria piu' lunga delle solite e ne ricomparve un' altro, non era sempre quello, era piu' piccolo, anche questo senza nome. Mi preparai perché le lancette del quadrante del tempo mi indicavano che ero prossimo alla mia destinazione.
Era domenica 5 febbraio 1967 ed ero distante dal mio "'borgo natio" di 1104 km.; il treno rallentò e si fermò alla stazione di Imperia-Oneglia. Preciso 1104 km. perche' era scritto sul mio biglietto ferroviario militare.
Scesi con la mia valigetta, mi seguirono altri, mi guardai attorno e vidi che veniva verso di noi un "signore" distinto" con una fascia azzurra in diagonale sul petto. Certamente aveva capito che tutti quei giovani con le valigie erano pronti a far parte dell' Esercito Italiano. Ci chiese senza domandare altro "prego le cartoline".
Tutti posarono il parallelepipedo sul suolo e presero dal portamoneta le cartoline; come loro feci anch' io. Lette tutte le schede, le raggruppo', ci raggruppo' e ci condusse gentilmente verso l' uscita della piccola stazione di Imperia dove ci aspettavano due camion di un colore verde ; erano camion militari !.


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CAR 02

Il primo giorno in caserma (Imperia)  
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fo_win3  3° parte   Fase della vestizione

Fummo invitati a salire, ancora stordito come tutti gli altri, del nuovo clima, della nuova città, salii anch' io e guardai la sede stradale allontanarsi, scomparve anche la stazione. Pensai già al giorno di entrare di nuovo in stazione per recarmi a casa, avvenimento che non si doveva avverare.
Guardai le strade, la gente, tutto cio' che si guarda quando si e' nuovo del posto; pensai a cosa avrei potuto faro alle 13 di quella domenica a casa. Poco dopo il camion entro' dalla porta carraia (cosi' mi dissero che si chiamava), e si fermo' dolcemente vicino alla "sala convegno" comunemente chiamato "spaccio". Dimenticavo che prima di arrivare alla caserma, il caporale che ci seguiva raccolse tra tutti gli astanti neo-reclute, sigarette e monete, tanto da riempire la sua bustina (il copricapo tipico dei soldati).
nvitati ad entrare nella sala convegno, vi entrammo, ci portarono al banco, ricevemmo una focaccia fredda e un bicchier di vino bianco, poi nulla. Nella sala poca gente vi era, qualcuno giocava al bigliardino, nient' altro. Pochi minuti dopo ci portarono davanti ad una porta e ci chiamarono per i rispettivi cognomi. Alle 13 di quella domenica, 5 febbraio 1967, giunsero in quella caserna una cinquantina di giovani, tra cui la mia persona; arrivò il mio turno, entrai, dopo aver depositato la valigetta al suolo, mi trovai di fronte a un lungo tavolo attorno al quale erano disposti cinque caporali (lo sapevo perche' quello del camion lo era anche lui, mentre quello con la fascia azzurra mi dissero che era l' ufficiale di "picchetto" ).
Passai da uno e finii all' ultimo, ognuno volle sapere qualcosa, generalita', professione, titolo di studio ed altre cose varie, pero' erano molto curiosi quei tipi !; arrivai all' ultimo e senza renderni conto firmai alcuni fogli e mi consegnarono un libricino di benvenuto del comandante di quella caserma.
In quel libricino vi era narrata la storia riassuntiva di quel Reggimento e precisamente era l' "89° Reggimento Fanteria Salerno" , le sue varie medaglie conquistate nelle diverse campagne di guerra, i suoi eroi.
Conteneva un cartoncino sul quale era scritto il mio nuovo indirizzo : recluta Francesco Schino, 89° Reggimento Fanteria C.A.R. Salerno, 2° Battaglione, 7° Compagnia, 1° Plotone, 4° Squadra, Imperia.
Dopo che tutto questo fini' ci portarono in un' altra stanza nella quale , chiamati uno per uno, ricevemmo tre coperte, due lenzuola, un cuscino, ed una federa. Ci portarono ai rispettivi letti a castello, il mio era quello inferiore; depositammo le valigie e il materiale ricevuto sul materasso duro e sporco; ci allontanammo in un' altra stanza nella quale furono distribuiti a cadauno due piatti (uno convesso ed uno concavo), un cucchiaio, una forchetta ed un gavettino; sia per le coperte sia per queste ultime dovetti depositare in calce la mia firma.
Ritornai al mio letto, cercai di imparare la via da fare per non perdermi fra tante stanze tutte uguali e mi sedetti. Nonostante fossi stanco pensai a casa; destato dalla confusione rumorosa rimboccai le coperte come stavano facendo gli altri e fatto cio' depositai i piatti sul letto ormai in ordine, era il mio primo lavoro casalingo.
Su tutto era inciso una sigla a me nuova: E.I., dopo capii !!, significava Esercito Italiano !!!.
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Era ormai sera, ci lasciarono in pace annunciandoci che la sveglia la mattina dopo sarebbe stata alle 6,30 e che in mezz' ora dovevamo riordinare il letto, vestirci, far pulizia della persona e scendere con il gavettino per la colazione. Segui' un mormorio generale, io mi appartai; stesi il telo, lo aggangiai agli appositi uncini, distesi il materasso duro e lurido, poi le lenzuola, le coperte: il mio posto letto era pronto per ospitarmi per tre mesi. Mi tolsi l' impermeabile, la cravatta, i pantaloni, quest' ultimo che conteneva il portamoneta lo piegai seguendo le giuste pieghe e lo misi sotto il cuscino : avevo soddisfatto il primo consiglio di mio padre.
Appesi l' altra biancheria e mi stesi in posizione supina sotto le coperte; con gli occhi fissi al soffitto pensai con terrore: era la prima notte in una caserma. Cercai di non dormire perche' i così detti "nonni" non facessero qualche sorpresa !.
Restai sveglio quando piu' potetti, e nel pensare gli occhi furono innondati di lacrime che scivolarono per le tempie e si dissiparono sul cuscino. Pero' il lungo viaggio di ben 18 ore mi aveva reso un po' di spossatezza per cui mi addormentai e non ricordo niente di quello che sognai tanto ero immerso nel mondo delle tenebre. Riuscii a sentire le note, un po' stonate, del mio primo silenzio suonato da una tromba sgangherata.
Mi ero appena addormentato che suono' la mia prima sveglia, restammo a letto come si faceva tutte le mattine a casa, ma quella fu diversa, infatti fece irruzione nella nostra camerata il sotto-ufficiale di giornata che con frasi fuori dal normale e con voce rabbiosa ci svegliò e gridò : "camerata att-ttì"
Entrò il sotto-ufficiale di ispezione (cosi' lo chiamarono ) e tutti saltati dal letto ci mettemmo sul' attenti in mutandine. Ciascuno rifece il letto secondo la propria fantasia; andai nel gabinetto e notai la porcheria ivi, comunque rassettai la mia persona ancora in abiti civili e ritornai in camerata; presi il gavettino e il cucchiaio e seguii gli altri giacche' io non sapevo dove andare.
Giunsi al refettorio dove distribuivano quello che si chiamava latte e un pezzetto di pane lasciato per la durezza dai cani. Il liquido aveva solo il colore del latte, era tintura con acqua tiepida. Constatai che le cose non andavano tanto bene, gia' mi immaginavo come sarebbe stato il rancio; ritornai su, lavai l' occorrente, lo depositai sotto il letto e mi avviai di corsa fuori in adunata sempre seguendo gli altri.
La caserna sorgeva in una valle circondata da tre colline; non era molto grande comunque, per andare all' alza bandiera si doveva scendere per una strada tutta in discesa per poi, farla tutta in salita, sempre di corsa, al ritorno.
Ci aspettava al palo della bandiera una banda abbastanza numerosa che suonò "Fratelli d' Italia".
Ritornati su, ci portarono in un magazzino dove ci consegnarono al volo uno zaino contenente alcune cosette e poi una tuta mimetica, un paio di pantaloni e una giacca colorata a pezzetti di marrone, rosso, giallo e verde, vestiti in quel modo dovevano sembrare come tanti arlecchini, mah !.
Ritornati vicini ai rispettivi letti, aprimmo lo zaino, nel mio, erano tutti uguali, vi era :


Tutti gli oggetti erano contrasegnati con la sigla, E.l., meno le due cravatte che non potevano essere confuse per il loro caratteristico colore verde.
Appesi lo zaino grande alla "testa" del letto mentre il piccolo ai "piedi ", come dicevano continuamente i caporali.
Mentre eravamo intenti a mettere a posto gli zaini entro' in camerata un tizio che poi ci dissero essere il nostro capitano. Questi ci insegno' come doveva essere fatto il posto branda, come si dovevano rimboccare le coperte e le lenzuola in modo che tutti i posti dovevano risultare allo stesso modo. Come tutti gli altri riordinai come mi era stato detto, poi mi tolsi gli abiti civili e indossai la tuta mimetica, come mi avevano ordinato.
Giunsero le 11,30 del mio giorno di vita militare, scesi vestito con la tuta mimetica come tanti altri e feci adunata per recarmi al mio primo rancio. L' adunata venne annunciata dal caporale di giornata che ci "invitava" a scendere con i piatti, posate e gavettino.
La Conpagnia era raggruppata a gruppi di squadre, mi misi in coda , la mia prima coda per andare a mangiare !. Finalmente entrai, ebbi un rancio schifoso che non vorrei ricordare, comunque ebbi la buona volontà di mangiare qualcosa, mangiai molto pane, bevvi un liquido color rosso, sembrava vino; finito, uscii e andai alle fontane distanti circa un centinaio di metri per lavare i piatti. Ritornai su, mi distesi sul letto e pensai, strano i pensieri erano tutti verso casa, erano tutti verso gli amici, verso la "libertade perduta...".
il_pensatore_03
Nei primi giorni che seguirono tutti non erano propensi ad espandersi con il prossimo, io non ero da meno. Si inconinciò a conoscere meglio la caserma, si incomincio' a fare amicizia dopo le riluttanze iniziali. Notai una scritta in rosso a caratteri cubitali sulla palazzina del comando: "NON CHIEDO DOVE" , frase che ci fece sorridere e tacere contemporaneamente.
In quel giorno l' adunata delle 13,00 servi' a chiamarci e a raggrupparci in squadre, ci assegnarono un caporale istruttore; poi in liberta', in camerata.
Il nostro caporale di nome Bellotti scrisse in un libricino tutti i cognomi dei componenti della sua squadra, distretto e anno di nascita.
Si fece amicizia con questo caporale che sembrava, e poi lo fu davvero, essere un bravo ragazzo. Tutti quanti poi si misero a scrivere, sul retro delle buste figurava un mittente abbastanza lungo; tutti quanti scrivevano la prima lettera a casa, lo feci anch' io, informai i miei della mia "buona salute" e dell' ambiente, nonche' del mio nuovo indirizzo. Mi recai dopo allo spaccio e mi accorsi che era provvisto di una sala scrittura, di una sala televisiva arredata di un vecchio apparecchio Geloso dei primissini anni, nonché di un jukebox a moneta, di una cassa, da dozzine di bigliardi da tavola e parecchi tavoli in formica (non quelle che si muovo e danno fastidio ma legno plastificato !!).
Spedii il mio scritto e rimasi nella sala convegno per un po' sino alle 17,00, ora della chiusura per poi andare di nuovo in adunata per il secondo rancio.
Questo era il brodo, di nome, in realta' si trattava di una brodaglia di un liquido sporco, si notavano sulla superficie della marmitta le macchie di oscura provenienza, comunque nessuno protesto' perche' ancora scioccati, si mangiò soltanto pane e frutta bagnato il tutto con quel liquido color rosso.
Si ritornò allo spaccio, ci furono ragazzi che per non pensare gettonavano canzoni. Le piu' gettonate erano le canzoni che si presentarono al festival di San Remo di quell' anno. Alle 21,00, quando si riaprirono le camerate si ritornò su e leggendo l' ordine del giorno mi accorsi di essere di servizio l' indonani al refettorio con altri miei amici commilitoni. Ritornai sul mio letto rifatto pazientemente; questo era stato il mio primo giorno completo dalla sveglia al silenzio; un primo giorno che fu un indice della vita militare, mi dissi : "questo è stato il mio primo giorno che pago ad altri, il mio primo giorno tolto alla mia età giovanile.


La mia infanzia ?

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CAR 03

Fase della vestizione  
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fo_win3  4° parte   La prima settimana

Il giorno dopo, fatto colazione, se cosi' poteva dirsi, andai in refettorio e con scopa e straccio pulii numerose stanze adibite come sala da pranzo, secondo quei tizi. Il caporale di giornata, quel giorno si era alzato di male umore, onde spiegato le fatiche che ci fece fare sino alla sera. Si dovevano mettere gli sgabelli sui tavoli e lavarli; nel fare ciò mi vennero le lacrine agli occhi; molte volte le lenti degli occhiali si appannarono e molte volte le asciugavo cercando di non pensare a casa, di pensare altrove, su qualunque cosa, bastava che non si pensasse a casa. Piu' male che bene fini' quel mio primo servizio: la sera mi sentivo stanco come non lo ero mai stato. Mi adagiai sul letto e mi addormentai immediatamente subito dopo il silenzio.

Il mattino dopo ci consegnarono un cinturone, alla consegna firmammo come al solito su un foglietto dell' avvenuta ricezione degli oggetti. Nel frattempo ad ogni ora del giorno e della notte arrivavano sempre altri giovani in borghese che come noi erano pronti per seguirci. In una settimana ci furono molti arrivi tanto da formare la Compagnia di formazione, per la precisione la 7° compagnia.
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In sette giorni, eravamo più o meno quasi seicento reclute, cosi' eravamo nominati, tutti furono dislocati nelle diverse squadre e plotoni. In tutto vi erano quindici squadre, cadauna di ventidue giovani, un' insieme di squadre formavano un plotone, che a loro volta formavano in cinque la nostra Compagnia. Nei primi giorni di permanenza, molte furono le difficolta' che ciascuno di noi dovette superare, per cui era necessario confortarci a vicenda, cosa che nei primissimi giorni era impossibile per la notevole diffidenza che trincerava tutti.
Le giornate erano serene ed invitavano a sudare; si notavano sulle terrasse della caserma i così detti "nonni" che a dorso nudo si permettevano di sporcarsi di sole. Nei primi giorni tutti erano intenti a scrivere alle rispettive ragazze, agli amici; io scrissi a casa, agli amici : non possedevo una ragazza ne' ufficialmente che ufficiosamente, possedevo invece alcune amiche sparse nello "stivale". Appena tutti furono arrivati, cosa che avvenne dopo una settimana circa, incomincio' la così detta "fase della vestizione", consisteva nel consegnare il corredo che avremmo portato per quindici mesi e non più !, almeno per la maggior parte !.
Ci fecero entrare in una stanza di notevoli proporzioni; intorno al perimetro laterale pavimentale vi erano due file di banchetti, dei quali uno serviva per appoggiare lo zaino valigia e l' altro per sedersi. Fummo invitati a spogliarci della biancheria borghese che avevamo al di sotto della tuta mimetica e siccome faceva quel giorno un pò di freddo misero in funzione due stufe a vite alimentate con bombole a gas ai lati della sala.
niziammo ad indossarci le camicie, nonche' le tre divise, invernale, una da lavoro e l' altra da libera uscita. Dopo di cio' vennero le calze, e tutta l' altra biancheria; calzammo anche gli anfibi, scarpette ginniche e scarpe "per uscire".
Tutta questa biancheria corredo venne consegnata dai caporali addetti in codesto lavoro i quali sebbene borbottassero sotto i baffi, che non avevano, riuscivano ad accontentarci su questo o quell' altro capo di vestiario. Ci volle un intero giorno per far si' che il nostro corredo fosse al completo; al suo termine fummo costretti dalla voce comandevole di un certo maresciallo a indossarci dapprima la divisa da libera uscita e poi quella da lavoro che non fu poi tolta essendo quella da lavoro di tutti i giorni. A parecchi le divise furono sempre cambiate anche per un minimo difetto che non rendeva soddisfatto l' indossatore. Dopo non poca fatica nell' infilare tutto il corredo nello zaino valigia, giunse il turno del cappotto; a questo punto non poche furono coloro che lo ebbero tanto lungo da sembrare fossero in vestaglia, pero' non ci fu caso di cambiarlo, bisognava arrangiarsi di quello che si aveva avuto. Finalmente era tutto finito e uno per volta dovemmo firmare piu' di un foglio dell' avvenuta " fase della vestizione".
Uscito dalla sala, andai nella mia camerata e ivi riordinai, misi la biancheria borghese nella valigia e quella militare nello zaino. Il giorno dopo ci costrinsero con maniere che non potevano definirsi certamente buone alla consegna delle valigie le quali furono riaperte e sigillate ed arrivarono alle loro destinazioni cinquanta giorni dopo la nostra consegna. Quello stesso giorno fui chiamato dall' ufficio di Battaglione, mi volevano far firmare alcuni fogli; mi fecero delle domande attinenti alla mia famiglia, poi insistettero per la mia firma; io fui poco convinto delle loro buone intenzioni e nonostante mi rassicurava il mio capitano, non avevo la minima voglia di firmare perche' mi avevano tanto raccomandato di stare attento nel firmare; comunque dopo le molte assicurazioni del colonnello, lette molto attentamente quelle cartelle, decisi di firmare.


La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

 








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scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

CAR 04

La prima settimana  
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fo_win3  5° parte   I primi 15 giorni

Nel contempo i giorni passavano, e in tutti vi era del malcontento sia per il rancio che non poteva dirsi certo essere discreto bensi' pessimo ma anche per l' addestramento formale che ci facevano svolgere. Dai mocassini civili, agli scarponi, il passo non e' molto piacevole anche se si dava un po' di frescura all' epidermide inferiore ogni sera. Nella mia squadra vi erano di tutti i tipi :


diventammo subitamente amici quando ci fu la formazione della stessa, anzi fummo anche fortunati nell' avere un caporale istruttore molto buono con il quale si poteva ragionare, e parlare di problemi riguardanti le abitudini di 'quella' caserma.
Vi era un ragazzo di Venezia e lo rammento per il suo linguaggio caratteristico, per il suo modo di pronunciare le bestemmie, del piacevole accenno che dava al discorso. Le sue bestemmie all' ordine dell' istante erano "dio cane" e "dio porco", non sapeva dire altro che queste, pero' era un bravo ragazzo, cio' lo dimostro' in molte occasioni anche quando ci lasciammo per cambiare squadra dopo che fummo insieme per trenta giorni.
Poi vi erano due tipi, piuttosto dispotici che usavano bestemmiare con "non mi rompere la minchia", l' ultima parola era per me nuova e chiesi il suo significato a colui che usava pronunciarla spesso e cosi' seppi che significava nel mio dialetto ...
Durante il giorno si marciava sempre; dapprima ci insegnarono le cose più elementari come portare il fucile che nel mio caso era un "Garand", come salutare, presentarsi, marciare, conoscere i gradi e cosi' via. Sino dai primi giorni di addestramento avemmo l' elogio del nostro caporale istruttore, era soddisfatto della sua squadra, tanto che ci faceva competere con le altre. Al suo comando tutti rispondevano e le manovre si eseguivano sempre bene. Dopo la sveglia alle 6,30 e l' alza bandiera, le istruzioni incominciavano per terminare alle 11,00; si lasciavano le armi, si prendevano i piatti e si scendeva all' adunata di compagnia per recarsi al refettorio per consumare il primo rancio. All' adunata i vari caporali distribuivano la posta tanto attesa da tutti noi; era un dolce silenzio, tutta la Compagnia, seicento giovani, era muta, ogni caporale leggeva ad alta voce il cognome deIla recluta e si udiva dal fondo un "comandi !!".
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Naturalmente non tutti avevano sempre posta, e se questo accadeva per diversi giorni incominciavano a domandarsi come mai non scrivono piu', perche' non mi scrive; tutto cio' rendeva scortesi un po' tutti.
Alle 11,30 per squadra si andava al refettorio nel quale regnava una specie di "self service", naturalmente quello piu' sfacciato ne prendeva una razione abbondante, quello timido ne prendeva di meno. Questo pero' cambio' nelle successive settimane nelle quali tutti, o almeno la maggior parte, divenne sicura di fare e di prendere cosa e quanto voleva. Il rancio non poteva dirsi sufficiente, specialmente al secondo.
Di sera, vi era il solito minestrone che era costituito dal 90% di acqua sporca di un colore non conosciuto e il resto di pasta e legumi. Nel piatto si potevano contare i pezzetti di pasta in un liquido che a guardarlo invitava al volta-stomaco. Nei primi giorni, la maggior parte di noi mangiava molto poco, tra cui anch' io, ma poi facendoci forza a vicenda si riusci' a prendere qualcosa.
I giorni passavano e l' addestramento continuava; c' e' da dire altresi' che quest' ultimo era intervallato da ore di educazione fisica e da ore in aula, nelle quali, ora il capitano, ora il colonnello davano lezioni dei gradi, sulla disciplina militare, sulle punizioni, sul codice militare, insomma su tutto cio' che potesse riguardare il nostro comportamento fuori e in caserma.
Nelle prime settimane non si poteva uscire dalla caserma, onde il problema era come trascorrere le ore dal secondo rancio sino alle 21,00, nelle quali le camerate erano chiuse. Il problema, fu facilmente risolto: o si andava nella sala cinematografica per vedere un film che di solito erano dell' apocalisse tanto erano vecchi e consumati, oppure andare nella sala convegno, ovvero "spaccio", nel quale ci si poteva sentire alcuni dischi imbucando una moneta nella apposita fessura, si poteva scrivere o anche vedere in una stanza attigua la televisione che non riusciva suo malgrado a stabilizzarsi in un funzionamento efficiente.
Ogni sera si cercava di andare a cinema in modo da distrarsi dalle preoccupazioni, dai non pochi pensieri; ma il film si spezzava ogni qual volta la scena diveniva "importante", a cio' si levavano all' unisono una dolorante sinfonia di fischi ad alta frequenza, data la loro acutezza. Finita la proiezione si andava in camerata per prepararsi il posto letto, si leggeva per l' ennesima volta la posta arrivata in quel giorno e stanchi ormai della giornata si cercava di dormire.
Tale fu la vita carceraria dei primi giorni.
I primi giorni più male che bene passarono; trascorse una settimana e coloro che volevano usufruire della libera uscita non potevano sfruttarla per ordine dei nostri superiori : il capoccia, ovvero sia il comandante dell' 89° Reggimento Fanteria "Salerno" era il "signor colonnello Tirabassi", mentre il comandante della 7° compagnia era il "signor capitano Pulvirenti".


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CAR 05

I primi 15 giorni  
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fo_win3  6° parte   La prima uscita

Gli addestramenti erano duri e si cercava di svolgere bene gli ordini in modo che invece di farne un' ora di seguito, se ne faceva di meno; i piedi a parecchi furono sbucciati tanto da essere essentati dagli addestramenti per alcuni giorni . L ' orario delle lezioni era vario; si susseguivano anche le ore di educazione fisica nella quale erano comprese le prove di resistenza, di salto, senso dell' equilibrio, agilita' nel salire sui pali e sulle funi, oltre naturalmente a ginnastica corporale; si susseguivano ore di aula nelle quali un ufficiale descriveva la successione dei gradi, le punizioni, i doveri del soldato, ma noi cercavamo di portarlo sempre sulla strada delle licenze, solo cosi' riuscivamo a sapere quanti giorni potevamo restare a casa durante tutto il servizio di leva.
Si alternavano anche le ore di educazione civica nelle quali un superiore invitava ad un corportamento decente in e fuori dalla caserma, di non frequentare alcuni posti, tra cui parecchi bar nei quali erano annidati pervertiti, i nomi dei bar furono annotati da tutti. Naturalmente la materia che interessava noi era solo una; quella delle licenze, comunque le altre riuscivano gradite perche' le lezioni erano intervallate da barzellette e freddure di alcuni comici reclute; vi era un tizio di Pescara che non avendo molta intelligenza parlava cosi confusamente che quando si alzava per fare domande o dare risposte faceva ridere tutta la Compagnia e lo si deve a costui se molte volte le giornate erano meno noiose.
L' argomento che suscito' molto interesse in tutti era quello medico; tutti erano in silenzio quando il tenente medico parlava su un argomento, quello sulle malattie che potevano essere nocive specialmente al milite che trova sfogo nelle donne pubbliche, le loro conseguenze veneree e i loro rimedi, se ne potevano esserci. Al termine delle lezioni pero' la maggior parte domandava qualcosa e l' ufficiale rispondeva con facilita', anzi per premiarci della nostra attenzione e del nostro interesse, un giorno ci parlo' degli organi genitali dei due sessi disegnandoli anche alla lavagna dall' esterno e anche dall' interno.
Molti giovani, tra cui io, erano all' oscuro di tutto cio' che venne detto, di tutto cio' che potevamo fare per prevenire malattie infettive. La descrizione degli organi genitali da parte dell' ufficiale medico, poteva dirsi soddisfacente ed esplicita: la spiegazione era semplificata ed era condotta in modo che anche i meno ambienti potessero capire. Oltre a queste lezioni ne seguirono altre sul segreto militare con filmetti, anche sulla mimetizzazione dei reparti e comportamento in caso di calamita' belliche.
I giorni nel frattempo continuavano a passare con sempre la stessa pasta asciutta, con sempre la stessa soluzione acquosa alla sera e con sempre carenza di pane.
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Dalla nostra caserma si notava un limitato pezzo di mare nonche' alcune palazzine della citta'; il mare ligure fu sempre calmo e non rappresentava possibilita' di pericolo per i lavoratori dello stesso.
Dopo circa due settimane dal nostro arrivo fummo sottoposti ad un prima iniezione; quella mattina tutti in divisa ginnica si fece adunata davanti all' infermeria, ivi distribuirono le schede personali gialle e si aspetto' che arrivasse il proprio turno.
Ci fu raccomandato di non mangiare la colazione quella mattina bensi' di tenersi pronti moralmente; questo perche' non poca gente suggestionata da questa puntura si sentiva male prima della stessa; vi era poi gente che non voleva entrare nell' infermeria per paura, gente che diveniva bianca come marmo, gente che si era intimorita da cio' che aveva sentito dire sulla puntura.
Un giovane non volle entrare, lo costrinsero con la forza; arrivato sulla soglia dell' infermeria ebbe una crisi nervosa e cadde al suolo; prontamente soccorso fu portato dentro ma non venne facilmente immobilizzato, otto persone non riuscirono a inchiodarlo sul lettino, ci volle una energica strizzatina di testicoli da parte dell' ufficiale medico per farlo svenire e quindi di calmarlo mediante una iniezione di circostanza.
Io fui presente perche' ero nella sala d' aspetto dell' infermeria, ero a petto nudo pronto per essere puntato e sentii della grida orribili; i battiti aumentarono la loro frequenza e quando un infermiere mi unse di tintura di iodio il petto riuscii a pensare altrove per cui non sentii molto dolore, solo la puntura dell' ago e la sua penetrazione nella mia epimermide. Usciti dall ' infermeria il posto di soggiorno fu lo spaccio per la colazione, poi mi recai come gli altri in branda; avevamo a disposizione tre giorni di completo riposo nei quali una quantita' imprecisata di giornalini circolo' da una branda all' altra.
Per procurare i giornalini non occorreva comprarli; quando si andava al rancio, all' uscita del refettorio vi era un camioncino di un giornalaio pieno di fumetti e quotidiani, il proprietario li disponeva tutti per terra. Ebbene si organizzava una battuta ai "fumetti", qualcuno oscurava la visuale al diretto interessato, un altro "lavorava" con una certa velocità alla scelta delle letture. Poi si risaliva su e si distribuivano a coloro che avevano voglia di deliziarsi alle avventure dei vari personaggi.
Come un fulmine i tre giorni passarono alquanto veloci e al quarto si dovettero lasciare i fumetti per ritornare al disastroso addestramento. Dopo tanti giorni passati insieme la maggior parte di noi aveva un amico con il quale uscire. Difatti dopo venti giorni dall' entrata in caserma, i capoccia decisero di farci uscire a patto che si sapessero i nomi dei nostri superiori. A noi non importava sapere i nomi bensi' uscire, per cui alla libera uscita annunziata dallo squillare della tromba ci trovammo tutti giu' nel cortile pronti per essere esaminati.
L' ufficiale addetto volle vedere il pettine, le calze, il fazzoletto e il tesserino, oltre naturalmente alla visita dei capelli.
A proposito dei capelli, dimenticavo il giorno dopo che arrivammo ad Imperia ci portarono dal barbiere o meglio dal macellaio e qui fummo sottoposti ad una scotennatura completa e dopo una settimana fummo ritratti per il tesserino.
Quella mattina scendemmo in tenuta da libera uscita. Barba rasa e tanta buona voglia di venire bene in fotografia.
Ritornando alla "rivista" 80% fu eliminato per qualcosa fuori posto; il resto accompagnato dai caporali usci': io rimasi dentro!!! Mi svestii, andai nello spaccio e scrissi; c'era gente che ascoltava le canzoni ai juke-box, altri che si sfogavano della mancata uscita bevendo accompagnati da una assordante banda fonica musicale che fuori usciva dalla cassa metallica ancorata ad una colonnina dello spaccio.
A fianco c' era una saletta con un televisore; quella sera ero intento a scrivere quando un tizio grido' se ci fosse qualcuno che potesse aggiustare il televisore; io per curiosita' mi offrii volontario: andai. Entrato nella stanzetta fui applaudito dai presenti impegnati nella visione di una partita di calcio; il televisore non possedeva piu' il sincronismo orizzontale, naturalmente stava già il Maresciallo dello spaccio che manovrava tutte le manopole; io arrivai e per uscirne fuori dissi al maresciallo che se n' era andata la valvola "oscillatrice per il sincronismo orizzontale". A cio' il maresciallo mi fisso' talmente male che convenii uscire dalla sala con un passo alquanto allungato.
Finito di scrivere mi recai in camerata, ormai era gia' passata l' ora di aprirle; fatto per l' ennesima volta il letto, adagiai il mio fisico su di esso. Ormai erano passate due settimane, l' indomani sarebbe stata domenica.


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CAR 06

La prima uscita  
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fo_win3  7° parte   Il primo mese

La mattina ci portarono a messa obbligatoriamente, chi si rifiutava veniva portato in cucina; finita la messa cosi' la chiamavano loro, si usci' dalla sala cinematografica e si passeggio' sotto il sole per guardare il panorama del mare e discutere con amici del nostro futuro. Si parlo' sempre col forse, chissa', puo' darsi; tutte incertezze che dominavano il nostro animo.
Arrivo' cosi l' ora del rancio, si ando' in camerata per prendere l' occorrente e ridiscendere per l' adunata. A turno le squadre entrarono nel refettorio e si sistemarono ai tavoli stabiliti.
Il rancio della domenica poteva considerarsi un po' buono perche' c' era da scegliere fra due secondi e poi di solito o c' era la pasta al forno o spaghetti. Il tutto veniva completato con un pezzettino di dolce che era meglio non mangiarlo perche' era tanto poco che poche molecole andavano nell' esofago, il resto restava nelle cavita' dei denti molari !!. Finito il rancio quella domenica si pote' uscire con il cappotto e i guanti; ci fu una selezione meno accurata onde per cui la maggior parte usci'. Uscii anch' io.
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Io mi affiancai a un siciliano, parlava sempre lui, per fortuna, si ando' nella citta' e come cani che escono col nuovo padrone dal canile che guarda indietro per vedere ancora il suo vecchio padrone, cosi' noi usciti dalla caserma guardavamo la strada fatta per non sbagliare al ritorno e guardavamo con bramosia tutto quello che in caserma non si poteva vedere. E come lupi che affamati scendono a valle, cosi' noi guardavamo sia a manca che a destra le ragazze che con la iniziata moda delle minigonne facevano sobbalzare anche il sesso del piu' tranquillo di noi !!.
Era il tempo del febbraio 1967 delle minigonne e dei cappelluti; una ragazza che attraversava il fiume Imperio sul ponte, ebbe una frescura dal di sotto quando il vento le sollevo' quel poco che le copriva dalla cintola in giu'. Si notarono le mutandine bianche, per giunta anche trasparenti per cui decidemmo in comune accordo di non vedere quelle cose cosi' eccitanti e non poter far niente e di andare al cinema.
Ohime' che sbaglio !!
A cinema coppie dappertutto e si sentivano mentre era in corso il programma, gemiti, soffocazioni amorose, sospiri, tutte le conseguenze delle fusa amorose.
All' accendersi delle luci, le femmine si componevano le vesti, si abbottonavano le camicette e impazienti aspettavano che le luci si spegnessero subito, secondo le mie modeste deduzioni. Furono accontentate.
Noi poveri disgraziati cosa potevamo fare? Seguitammo la visione del film cercando con la nostra buona volonta' di non sentire e specialmente di non vedere cosa avveniva nelle nostre immediate vicinanze. Ad un certo punto si udi' una voce femminile che attenuo' il suo grido di dolore : ahi !!!, evidentemente qualcosa era successo !!, le luci rimasero spente e noi commentammo poi fuori dalla sala cinematografica da cosa poteva essere stato causato quel gemito. Nulla da dire circa i commenti : alcuni sostenevano che ..., altri che ....
Rincasati, o meglio rincasermati, decidemmo di non uscire la sera, avevamo sentito e visto troppo in quel primo giorno di libera-uscita.
Trascorsi la sera al cinema casermeccio, non interessava vedere qualcosa, interessava invece far passare il tempo, e quello era il modo di farlo passare per almeno un' ora e mezza.
Quella domenica si concluse come ho descritto, c' era un bel sole, tirava un po' di vento, ma quest' ultimo non ci nego' di scattare qualche foto sul molo del porticciolo di Imperia.
In due settimane il tempo si era mantenuto sempre sereno, faceva un caldo non afoso ma persistente che bolliva i nostri piedi ogni volta che c' erano le istruzioni con o senza l' arma. Ormai in camerata ci conoscevamo tutti, scherzavamo quando era il caso, le barzellette e le freddure ebbero modo di essere raccontate da chi le sapeva e da coloro che volevano sorridere un po'. Faceva parte della nostra squadra un tipo, non ricordo di dov' era, che ogni sera faceva, appeso ai piani superiori dei letti, una trentina di flessioni con le braccia; ci spiego' che ci teneva all' allenamento poiche' faceva sollevamento pesi, naturalmente possedeva certi muscolacci sugli avambracci che testimoniavano il suo detto.
I giorni passavano sempre nello stesso modo, stesse cose, a volte pensavo che se tutta la vita militare era un ripetersi delle stesse cose, era meglio abbreviarla, perche' ripeto, si facevano le stesse cose del giorno precedente, e a volte cose ridicole come allontanarsi un centinaio di metri dalla squadra e ripetere a tutta voce il proprio mittente : recluta tizio e caio e cosi' via.


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CAR 07

Il primo mese  
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fo_win3  8° parte   La prima licenza

Le settimane passavano strappate giorno per giorno dai nostri calendari, i piu' fortunati ricevevano la visita delle proprie famiglie alla domenica, naturalmente di coloro che abitavano vicino. Trascorse un mese e fummo punturati per la seconda volta; altri tre giorni di riposo, giorni che trascorsero meglio dei precedenti poiche' oramai ci conoscevamo e ora parlava uno ora l' altro, il tempo passo' piu' velocemente del trascorrere dei nostri pensieri.
Qualcuno, buon per lui, approfitto' di questa occasione per starsene a riposo qualche giorno in piu'.
Nel frattempo si parlava del giuramento che si sarebbe svolto ad Imperia, nella nostra caserma il 2 aprile, in tale giorno dovevano prestare giuramento cinque Compagnie che formavano il 2° Battaglione del nostro Reggimento.
Si pensava a tale giorno come ad un giorno di liberazione, come un giorno che avrebbe segnato la fine di un periodo negato a noi tutti con un' altro piu' gradito, meno pesante, e i piu' fortunati furono coloro che non andarono alle varie scuole di specializzazione, specialmente a quella della Cecchignola.
Ora non si contavano piu' i giorni dalla nostra entrata in caserma bensi' quelli che ci separavano dal giuramento perche' pochi giorni dopo saremmo stati spediti altrove.
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Tre settimane prima del nostro giuramento ricevemmo un foglio ciclostilato sul quale era scritta una canzone da imparare a memoria, era la canzone del nostro Reggimento. Incominciammo a canticchiarla accompagnati dalla banda e aiutati dal maresciallo della stessa; ci fecero prima imparare una strofa, poi un' altra e poi ancora un' altra; in un giorno la maggior parte di noi ricordava a priore come andava il motivo. Nei primi giorni fu necessario il foglietto che ci aiutava ma poi fu inutile, oramai l' avevamo coltivata ed era penetrata in noi
Partecipava alle prove anche il capitano e il colonnello che insieme a noi cantavano; ci incitavano a gridare sempre piu' forte, specialmente nel finale; ma nel mezzo era necessario fischiare una strofa e qui che le prime difficolta' apparsero, pero' i fischi di tutti furono "unificati" da ciascuno e cosi' si pote' sentire un fischio che era la somma di tanti, tutti in fase tra di loro, era un fischio che si levava alto e andava a svegliare i pastori che dormivano sulle colline circostanti.
Ricordo solo poche righe dell' inno :


Quel giorno ci fecero provare e ancora provare, il colonnello voleva che entrasse nel sangue e ci riusci' perché in qualsiasi ora noi tutti andavamo fischiettando tale inno.
Anzi, un giorno per fare le cose in grande stile, fecero prelevare da Diano-Marina, Gianni Morandi, recluta come noi il quale spreco' tutta la sua voce e si dedico' con tutto se stesso, come del resto anche noi a cantare tale inno.
Qualche giorno dopo che furono terminati i giorni di riposo dovemmo faticare alquanto per il cambiamento di squadra. Scendemmo tutti nel cortile con lo zaino e tutto il nostro corredo; tutta la Compagnia era sparpagliata in ogni dove. In camerata restarono i letti nudi di qualsiasi cosa che li coprissero.
Il capitano ad uno ad uno incomincio' a chiamare per disporci in squadre e assegnandoci un altro caporale. Io dalla quarta squadra mi trovai nella quattordicesima, dal primo plotone mi trovai nel terzo; cambiò anche il caporale istruttore. Era un tipo lungo, sfaticato, un tipo che si conformava alla nuova quattordicesima squadra, il suo cognome : Carassai (e questo diceva tutto !!)..
Fu necessario cambiare squadra per assegnarci l' arma che avremmo usato nei vari corpi dopo il C.A.R.. Al mio plotone fu consegnata l' armeria dei Garand, era per me nota perche' gia' usata prima; fucile piu' da difesa che di attacco; incominciarono le lezioni su questo nuovo oggetto, come smontarlo, pulirlo, e rimontarlo senza far rimanere nessun pezzo. !!. Questo fucile pesava ben sette chili e a questo peso il braccio destro dovette essere sottoposto ad ogni esercitazione. Anche i miei amici commilitoni della vecchia squadra cambiarono, ma non erano facce nuove perche' ci incontravamo tutti i giorni.
Mancavano tre settinane a quella del giuramento e due a Pasqua; si parlava di licenze, coloro che dovevano andare a casa dovevano essere i piu' meritevoli.
Noi facevamo i calcoli : i consegnati erano parecchi, coloro che vennero in ritardo al primo giorno di naia erano molti, quelli che non si erano comportati bene stavano, quindi noi, compreso io, avevamo una buona possibilita' di andare a casa. Intanto i giorni passavano nello stesso modo, il clima si faceva sempre piu' caldo, le giornate erano sempre più lunghe.
Ci fu un periodo che ci portarono a piedi percorrendo stretti sentieri in cima ad una collina, potevamo essere a piu' di cinquecento metri sul livello del mare. Si vedeva tutta Imperia, e una larga fascia di mare calmo, sembrava una tavola blu; si notavano anche i fiumi marini, cioe' striscie di un colore piu' forte che serpeggiavano nel mare. Un panorama da vedere; andavamo li' per eseguire il mascheramento dell' elmetto con l' erba, camminare strisciando con il passo del leopardo; noi fortunatamente avevamo un caporale che di lavorare non aveva la minina voglia e cosi' passavano le ore dicendo barzellette e fotografandoci.
Un giorno il tema era quello del mascheramento naturale et artificiale, ebbene il giorno prima ci fecero assistere ad una proiezione e il giorno dopo andammo sul colle. Accompagno' la Compagnia un sottotenente che li' a poco si congedo'. Dopo aver perso parecchio tempo per tentare di sistemarci, il caporale incominncio': "dunque ci sono due tipi di mascheramenti, uno naturale e l' altro artificiale, allora per chi non avesse capito ci sono due tipi di mascheramenti, uno artificiale e l' altro naturale", si fermava qui, perche' doveva dire una barzelletta; all' avvicinarsi del sottotenente riprese :"allora ci sono due tipi di mascheramenti, uno naturale e l' altro artificiale !!".
Era da immaginarsi da queste parole che il nostro caporale era uno che nel gergo dicesi "se ne frega", di barzellette quel giorno ne furono dette tante, parlammo anche di altri argomenti a noi piu' interessanti, e soltanto all' avvicinarsi del sottotenente riprendavamo la nostra serieta' per riascoltare "riepilogando ci sono due tipi di mascheramento, uno artificiale e l' altro naturale, sia quello naturale che quello artificiale sono due mascheramenti !!..."
Questa fu l' unica frase che capimno quel giorno, non facevamo altro che disterderci a terra e goderci la brezza che sfiorava i nostri volti accaldati per il cammino e per gli indumenti che portavamo.
Naturalmente a queste giornate desiderate susseguivano quelle odiate, cioe' quelle fatte con la scopa in mano, o peggio trascorse in cucina. Nei giorni successivi ci fecero imparare come si montava di guardia, quali i doveri di una sentinella.


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nel sito dello "Scoiattolo del Lago Maggiore". Questo sito e' la parte individuale e personale del webmaster, responsabile del sito principale www.schino.com .
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Nella vita prima o poi ...

scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

CAR 08

La prima licenza  
  archive  
fo_win3  9° parte   Poligono di tiro

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Negli altri giorni poi sul campo di calcio ci fecero provare come si doveva lanciare una bomba SRCM, bomba con effetto difensivo; il suo effetto era quello di fare un buchino nel terreno e di fare molto rumore. Imparammo di cosa era fatta, le varie qualita' di elementi usati e noi sperimentammo il lancio con il fucile dietro alla spalla. Passavano i giorni, ogni tanto si usciva di sera dalla caserma, ogni volta si andava a mangiare qualcosa di buono; ormai la data del giuramento era stata fissata per il 2 aprile 1967 in forma solenne.
Una decade prima di Pasqua se ne andarono i congedanti; quella sera eravamo a letto e sentimmo il trombettiere, anch' egli congedante che suono' il silenzio "fuori-ordinanza". ll trombettiere durante la sua suonata ci mise la sua anima nella tromba, il silenzio risuono' in tutte le camerate, noi tutti affacciati alle finestre vedevamo cosa succedeva sotto di noi. Molte furono le note prolungate, non si udiva che il suono melodico della tromba, tutto tacea in quel momento. Finito, si udi' all' unisono tutti i congedanti gridare "e' finita, e' finita !!!!", erano scesi in mutandine nel cortile e incominciarono a far baccano.
Noi tutti rimanemmo muti, ci guardammo silenziosi e rimettendoci a posto asciugammo le lacrime che da sole, senza alcuno stimolo da parte nostra, incominciarono a scivolare su per le gote. Il mattino seguente molti giovani con abiti civili circolavano per la caserma mostrando, anche a chi non desiderava vedere, il suo concedo; quella mattina per non creare confusione ci portarono sul colle, questa volta ci accompagno' il capitano della nostra Compagnia. Giunti su, raccomando' coloro che dovevano usufruire della licenza di comportarsi in un modo decente e di prendere gli appositi treni che le ferrovie F.S. organizzava per loro. E raccomandava specialmente coloro che avevano dei brutti pensieri, e cioe' darsi per ammalati per non ripartire; elenco' le eventuali punizioni e condanne del tribunale militare. Come al solito ci raggiunse sul colle uno strozzino che vendeva panini e bibite fresche : si arrampicava con il suo mezzo che a malapena ce la faceva, pero' l' ultimo tratto lo doveva fare a piedi con il materiale in spalle.
Mi dissero che costui era proprietario di molti appartamenti ad Imperia, e nonostante questo voleva guadagnare altri soldi con la vendita dei panini e delle bibite : questo era il tipico genovese !!.
Ritornati giu' si ando' al rancio e ci si riposo' sino alla prossima adunata. Nel pomeriggio furono letti i cognomi dei commilitoni che beneficiarono della licenza, ebbene contrariamente a tutte le nostre previsioni, andarono a casa tutti quelli che erano stati consegnati, tutti quelli che lasciavano desiderare sul comportamento disciplinare.
Doveva andare anche quel tizio comico di Pescara il quale aveva fatto riferire al capitano che se non sarebbe andato a casa si sarebbe tagliato i polsi : fu messo in lista !!.
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Furono letti in anteprima i nomi per far si che potessero pagare anticipatamente il viaggio, giacche' i biglietti li faceva l' ufficio addetto. In quel giorno ebbi la prima fregatura dall' esercito, rimasi con la bocca spalancata sino all' ultimo per sentire il mio nome, ma questo mio desiderio svani' subito quando giunse all' ultimo partente.
Mancavano pochi giorni a Pasqua; partirono prima coloro che abitavano piu' lontano poi tutti gli altri. A partenze ultimate, in caserma rimasero ben pochi e furono quei pochi che dovettero sopportare tutti i servizi compresa la guardia. Per quelli che rimasero fu festa dal giovedi' sino al lunedì a parte i giorni di servizio; io fui di servizio di cucina al sabato e di guardia il lunedi' di Pasqua..
A Pasqua ci fecero usciré senza cappotto e guanti nella libera uscita pomeridiana mentre a quella serale il cappotto era necessario. Come al solito si ando' dapprina a prendere qualcosa per il palato in un locale modesto, poi a cinena; c' era poco da scegliere.; le sale cinematografiche erano seminate lungo la strada principale e si potevano contare sulle dita.
Quella mattina la sveglia ci colse che eravamo gia' svegli perche' pensavamo a coloro che erano andati a casa senza che lo avessero meritato; dopo i primi momenti di sconforto ci augurammo a vicenda una buona domenica, una buona Pasqua non poteva essere : questo feci notare ai miei amici commilitoni. Dopo la messa si passeggio' un poco e ricontammo i giorni che mancavano al giuramento, poi guardammo il panorama che si stendeva pigro sotto di noi. Quel giorno fummo serviti a tavola, un rancio diverso dagli altri, ma per l' ambiente diventava uguale a tutti gli altri.
Al ritorno dalla libera uscita notai il mio cognome nella lista di coloro che erano di servizio, fui di guardia alla cassa, e siccome era festa, il servizio di sentinella fu fatto di giorno e di notte : altra fregatura !!. Finito il servizio, invece di uscire, ero stanco, rimasi un poco nello spaccio, poi andai in camerata.
Lo spaccio era in quei giorni vuoto, la cassa era sempre sgombra di militari, non c' erano piu' code per prendere qualcosa. Le camerate erano piene di brande legate, di zaini pieni e ben chiusi, ma erano vuote di giovani, non c' era più quel baccano, non c' era quel fracasso che caratterizzava le nostre entrate e permanenze in camerata. Quei giorni passarono velocemente; si rividero coloro che erano andati a casa ritornare; i commilitoni della mia squadra portarono da bere, vi era fra loro un milanese che porto' anche un po' di dolci, fu festa di nuovo fra noi, si incomincio' a scherzare di nuovo dimendicando di non essere stati a casa.


La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

 








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CAR 09

Poligono di tiro  
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fo_win3   10° parte   Il giuramento

car_09b Le lezioni di canto ripresero, le esercitazioni anche, per qualcuno invece no perche' fu chiuso in cella per aver prolungata la licenza di alcuni giorni.
Ormai una festa era trascorsa, ora si pensava all' altra, al nostro giorno, al 2 aprile del 1967. Mancavano sette giorni, tutti noi avevamo scritto a casa del giorno e sapevamo se sarebbe venuto qualcuno.
Nei primi giorni di quella settimana andammo al poligono di tiro per imparare a sparare. Quelle mattine la sveglia fu anticipata di diverse ore, con tuta e l' occorrente salimmo sui camion gia' predisposti e partimmo per la "figura geometrica". Attraversammo parecchi paesi, poi ci inoltrammo nel retroterra salendo sui colli per le strette e ripide strade. Percorremmo una strada privata dell' esercito italiano da poco asfaltata e arrivammo al poligono.
Scesi dal camion dopo circa due ore di viaggio, dovemmo fare a piedi parecchie centinaia di metri per arrivare alla sommita' della collina per poi scendere un po' nella vallata. A turno, prima coloro che avevano i Garand, poi quelli che avevano in dotazione il Fald e poi il Mab, sparammo.
Sparammo dapprima otto colpi, cioe' un caricatore, su bersaglio situato a 150 metri, e poi altri sedici colpi, due caricatori sul bersaglio a 250 metri, questo pote' avvenire perche' sostituirono la sagoma di prima con una di minore dimensioni. I "fuochi" furono aperti dal trombettiere che suono' il segnale di pericolo; intorno al poligono erano state messe bandiere rosse per avvertire coloro che si avventuravano per quelle quote del "pericolo vacante".
Spararono poi gli altri, noi ci stendemmo a terra a pulire il fucile superficialmente dopo che si fu raffreddato, si' perché dopo i sedici colpi era diventato bollente. Fummo sottoposti a perquisizione per vedere se avevamo altri colpi in canna e poi ci fu il ritorno in caserna.
Per alcuni giorni andammo avanti e indietro sia con i camion che a piedi; a piedi andammo sul letto di un fiume in secca per lanciare le bombe a mano; si percorrevano una dozzina di kilometri sul greto del fiume Imperio per poi giungere su uno spiazzo dove erano disposti i camion, le cassette e l' auto-ambulanza.
Vi era prima una prova con una pietra, poi si lanciava la bomba; se non si riusciva a lanciare la pietra a buona distanza, la bomba la lanciava al nostro posto un ufficiale.
Passarono cosi' alcuni giorni di andirivieni, giorni che ci permisero di essere veramente a contatto con le armi, di usarle e non di tenerle come giocattoli.


La mia infanzia ?

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CAR 10

Il giuramento  
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fo_win3  11° parte   Il dopo giuramento

Negli altri giorni di quella settimana si ripresero i canti e le marce insieme alle altre cinque Compagnie che provenivano dalle sedi distaccate; si doveva marciare a suon di musica, si doveva marciare con lo stesso passo dettato dalla marcetta, con la stessa cadenza. In quella settimana la nostra banda si reco' per il giuramento delle altre reclute negli altri Battaglioni sempre del nostro Reggimento. L' inno ormai lo sapevamo gia' tutti a memoria; lo dovevamo cantare domenica alla presenza del generale. Arrivo' sabato, la vigilia della domenica, ci diedero i guanti bianchi, misurammo sui nostri capi i rispettivi elmetti, se era il caso si poteva cambiare, i cinturoni furono lavati e lucidati con il dentifricio, il fucile fu pulito come ogni sabato. Ci fu l' ultimo taglio stavolta regolare dei capelli, e nel pomeriggio la prova generale; ci assegnarono i posti a seconda nell' altezza, il posto del plotone e il posto nell' ammassamento.
Io ero certo che sarebbero venuti i miei, prenotai tre posti al pranzo speciale e attesi il tramonto; coloro che alle prove non riuscirono ad andare al passo furono messi di servizio il giorno dopo. Quel sabato ci fu pulizia generale della caserma, tutti impegnati per pulire scale, cortili e allestire il palco.
E domenica venne.
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La sveglia fu anticipata di un' ora, la stessa ci colse ben disposti a saltare giu' dal letto; tutti allegri quel giorno, il nostro giorno; tutti canticchiavano il motivo dell' inno, e chi aspettava i suoi parenti, chi la fidanzata, chi gli amici, chi nessuno, pero' in compenso tutti canticchiavano.
Ci trovammo tutti giu' per la colazione, e notammo gia' fuori dalla porta centrale numerosi parenti che aspettavano di poter entrare. Ritornati su prendemmo l' arma e facemmo di nuovo adunata per andare all' alza bandiera vicino alla porta centrale; notammo le famiglie desiderose di entrare ed ognuna portava un pacco regalo per i propri figliuoli. In mezzo a questa gente cercavo di notare i miei ma non ci riuscii, risalimmo mentre i civili incominciarono a fluire da giu' al cortile superiore; molti entrarono con le macchine che parcheggiarono sul campo sportivo e furono poi accompagnati sul cortile superiore dove doveva avvenire la manifestazione.
La cerimonia doveva iniziare alle 10,00, dopo l' arrivo del generale; arrivarono nel frattempo le altre Compagnie, meta' a piedi e meta' in camion; ovviamente venirono a piedi coloro che non "abitavano" lontano ma che erano della stessa Imperia !!.
Nel frattenpo le colline circostanti erano invase dai curiosi di Imperia, e poterono cosi' assistere, sebbene da lontano, a tutta la cerimonia. Gli squilli di tromba provenienti dalla porta centrale annunciarono a noi, ormai veterani dei suoni, che era arrivato il generale; infatti poco dopo lo vedemmo con gli altri capoccia salire su per le scale lentamente e rispondere agli innumerevoli saluti da parte della "truppa" che gli venivano fatti.
Sul palco presero posto le alte personalita', mentre sulle gradinate c' era anche la moglie di Gianni Morandi che sinceramente a prima vista non mi piacque, o perche' era pettinata male con i suoi capelli tagliati alla maschietta oppure dal suo abito scuro.
Ci fu l' inquadramento delle Compagnie dietro la palazzina, quando tutto fu pronto ci portarono nel cortile principale, dove il capitano cappellano militare inizio' la messa che fu annuziata da un ordine del tenente colonnello, comandante del Battaglione schierato :"Battaglione ... at-ti", noi tutti scattammo sull' attenti e nonostante il tenente colonnello fosse all' altra estremita' del cortile sentimmo perfettamente il suo ordine che echeggio' tra le colline.
Da ricordare anche che quando scendemmo, ogni plotone era aumentato di una dozzina di unita' e quindi si fecero altre file a quelle gia' fissate il sabato, coloro che erano in piu' erano naturalmente gli imboscati cioe' coloro che erano introvabili quando si doveva lavorare.
Ritornando alla messa, tutto era silenzio : si sentivano i bisbigli del cappellano che arrivavano a noi grazie a un amplificatore; tutto il Battaglione era schierato per il giuramento, tutto sull' attenti sino alla fine della messa.
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Il Battaglione era stato disposto con le Compagnie in ordine di progressione, la 5°, la 7°, la 10°, la 12°, la 15° a partire dalla sinistra del palco. Tutti eravamo sull' attenti, ma i nostri occhi, senza che il capo tradisse, erano in cerca fra tante persone i nostri parenti, coloro che venivano da casa per vederci; io cercai, cercai, invano, non riuscii ad identificare nessuno. Nel frattempo il cappellano continuava, poi sempre sull' attenti sotto i raggi focosi del sole, sotto l' elmo che ci arrostiva il capo, noi eravamo sempre sull' attenti, non ci scostavamo, non davamo segni di stanchezza, ma dentro di noi non vedevamo l' ora che finisse quella maledetta messa.
Il fotografo continuava a far impressionare le sue lastre nere, noi invece non ci impressionavamo per quello che doveva succedere dopo.
Con uno squillo di tromba ed un altro ordine di riposo fini' la messa; con altri ordini dettati dal tenente colonnello rendemmo gli onori militati ai caduti, alla bandiera e al milite ignoto, onori che furono accompagnati dal suono di una numerosa banda musicale che sovrastava alle nostre spalle in alta uniforme.
Quando rendemmo gli onori militari al milite ignoto due nostri commillitoni, i piu' alti, posarono sull' apposito monumento una corona di alloro. Poi il generale scese dal palco e il colonnello comandante fece rendere gli onori al generale rendendogli anche la forza del Battaglione.
Durante la cerimonia il tenente colonnello commise una gaffe, cioe' invece di dare il "pie-d' arm" e poi il riposo dette subito il riposo; naturalmente nessuno si mosse all' ordine, si levarono alcuni mormorii ai quali il tenente colonnello pote' rimediare ripetendo nuovamente l' ordine, questa volta in modo esatto.
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Il generale passo' in rivista mentre noi eravamo sempre sul "present' arm"; cammino' lentamente da un punto all' altro del Battaglione con la sua mano destra sulla visiera, il suo saluto al nostro che durava da parecchi minuti. I piu' fortunati furono coloro che erano dietro nelle ultime file, essi appoggiarono il loro fucile sui cinturoni per non stancarsi, mentre coloro che erano nelle prime file dovettero sopportare con silenzio quella situazione. Davanti a me c' era un tizio che a fatica riusciva a mantenere il fucile, gli tremavano le mani, ma riusci' a sopportare sino a quando ci fu il riposo.
Poi ci fu la formula del giuramento letta non ricordo da chi, o dal colonnello o dal generale, certo e' che mentre la formula veniva letta, noi tutti eravamo di nuovo sul "present' arm" e quando il lettore giunse a "... lo giurate voi ? ", noi tutti alzando il braccio sinistro in modo fulmineo sincronizzandolo con il movimento delle 3.000 braccia gridammo all' unisono " lo giuro !!!", poi ci fu la posizione di riposo. Naturalmente gli applausi degli astanti vennero copiosi e duraturi; si notavano al di la' dove erano i famigliari che molte donne, signore anziane, si asciugavano le lacrime scese dalle loro orbite oculari.
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Ci fu l' ammassamento, tutte le Compagnie si incamminarono in ordine dietro la caserma per l' organizzazione e lo sfilamento; la banda, fissa in un posto, comincio' a intonare la marcetta, le Compagnie si disposero in plotoni e incominciarono da fermi a tenere il passo della marcetta.
All' inizio ci fu un po' di confusione, era comprensibile, in uno spazio ristretto vi erano ammassati 3.000 uomini. Alla testa del Battaglione si pose il tenente colonnello il quale aspetto' che tutti nelle "retro-guardie" fossero pronti per iniziare a sbucare dietro la curva che portava nel cortile principale.
Incomincio' la sfilata, tutti portavano le armi con la baionetta innestata a "spall-arm" e dovevamo controllare spesso la posizione del fucile rispetto a quelli davanti, dietro e di fianco a noi.
I primi plotoni comandati dai tenenti AUC sfilarono sotto il palco, nel cortile seguirono gli altri sino a completare il Battaglione. Prima del palco il tenente dava l' ordine di "attenti a ...", a cio' i nostri capi si alzarono verso l' alto per girarsi di scatto a destra all' ordine di "dest"; il generale in piedi insieme agli altri capoccia salutava alla sua maniera portanto in un modo scorretto la sua manina alla sua visiera. Poi i nostri capi dovettero ritornare nella posizione abituale e normale all' ordine, sempre del tenente AUC schierato alla sinistra del plotone, dicevo all' ordine si "fissi"; si deve aggiungere che era particolarmente difficile marciare senza vedere dove si mettevano i piedi, tenendo sempre lo stesso passo ed essere allineato con tutti. Ci fecero fare due giri, il sudore si deliziava sulle nostre fronti, il generale si deliziava al fresco del palco di tutto cio' che passava sotto il suo naso.
Mentre passavamo marciando con lo stesso passo e cadenza si levarono dai presenti applausi che ci fecero piangere, si sentivano donne che chiamavano i propri figli, non potendoli riconoscere perche' tutti uguali e irriconoscibili per l' elmetto che ci copriva un terzo del volto.
Molti applausi che ci meritavamo dopo tanti sacrifici e preparativi e che sinceramente nessuno di noi immaginava che avrebbero potuto fare quell' effetto tragico. Alla fine del secondo giro, tutte le altre Compagnie si fermarono, la nostra continuo' e ci fermammo davanti al palco; tutta la 7° Compagnia era schierata per rendere gli onori finali al generale.
Giunti, ci fecero inquadrare bene e poi il solito "present' arm" ai Caduti, alla Bandiera, al Milite Ignoto e poi al generale; infine poi al via del nostro maestro di musica, incominciammo a cantare l' inno del Reggimento, lo fischiettammo; il nostro colonnello comandante senza farsi accorgere ci incitava ad alzare la voce e noi spronati da lui fuori uscimmo dalle nostre corde vocali il massimo che si poteva avere; l' inno risuono' fra le colline e ritorno' indietro quando noi avevamo gia' finito.
Ancora applausi da tutti, tanti applausi, poi ci portarono fuori dalla visibilita' del generale; giunti dietro la palazzina furono sciolte le "righe" e tutti di corsa salimmo alle camerate per lasciare l' arma, il cinturone, gli scarponi e scendere sempre di corsa per cercare di vedere i propri famigliari.
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Tal feci io. Saltellai sulle scale per arrivare prima al piano terra, fra tanta gente guardai con molta bramosia, rifeci di corsa il cortile, guardai meglio, sostai un poco per guardare gli altri commilitoni che abbracciavano i loro parenti, le ragazze, per poi uscire subito dalla caserma se non volevano mangiare ivi.
Cercai sino a quando nel grande cortile non ci fu piu' nessuno, solo allora tornai in camerata, presi l' occorrente per il rancio e scesi. Molti nostri amici uscirono subito con i venuti, pochi rimasero dentro a mangiare con i cari, tanti restarono soli ai tavoli con gli altri commilitoni !!.
Quel giorno fummo serviti a tavola, si mangio' discretamente meglio degli altri giorni, c' era anche lo spumante; riuscimmo a prelevare il nostro capitano al nostro tavolo e farci una foto. Quel giorno al refettorio era un casino indescrivibile, tutti ridevano, tutti mangiavano il rancio con appettito, tutti avevano giurato fedelta'. alla patria !!.


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CAR 11

Il dopo giuramento  
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fo_win3  12° parte   L' ultimo giorno in caserma (Imperia)

A rancio ultimato i tappi cercarono di bucare il soffitto, non ci riuscirono, riuscirono solo a renderci piu' euforici, piu' gai, piu' spensierati e piu' burloni. Era un po' tardi, suono' velocemente la tromba per uscire, tutti su per lavarsi il viso, una ritoccata alle scarpe, ai capelli, al basco e poi giu' di corsa per le scale a perdifiato; quel giorno la caserma era nostra, potevamo entrare e uscire a nostro piacimento sino alle 24,00; quella domenica uscimmo senza cappotto e guanti, quella domenica del 2 aprile fu una giornata indimenticabile.
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Ci preparammo all' adunata, la rivista fu fatta sommariamente, allineati per tre scendemmo nel cortile; era tanta la nostra gioia che invece di andare a passo ballavamo nelle file, facevamo il comodo nostro, gridavamo e' finita, poveri illusi che eravamo, avevamo ancora 13 mesi da fare !!, ma a questo non ci pensavamo, non ci pensavo nemmeno io perche' l' "e' finita" si riferiva al periodo piu' brutto del soldato, al C.A:R. alle marce, alle privazioni, e a tante cose che noi speravamo di trovare migliori nei Battaglioni di destinazione.
Il chiasso arrivo' al capitano che ci fece tornare indietro, ci raccomando' di non esagerare e ci lascio' proseguire verso la porta centrale; non ci fermammo per essere sottoposti alla rivista dell' ufficiale di picchetto, andammo avanti, salutammo la sentinella e poi via, tutti sparpagliati, chi da una parte chi dall' altra, ci recammo la' dove sfogare la nostra euroforia : cinema, bigliardini, a bere qualcosa, a passeggiare, molti andarono anche a S. Remo, io andai a cinema dopo aver visto passare i corridori della Milano/S.Remo che transitarono per le vie di Imperia. Fui affascinato dai ronzii silenziosi delle catene di trasmissione, dai cambi, dai colori delle maglie, dai clacson delle vetture; sfrecciarono un poco e dopo, una curva li assorbi' e non vidi piu' nulla.
Passeggiai con il mio amico palermitano lungo il molo, nei giardini, era una bellisima giornata serena e senza vento, passeggiammo al fresco sino alla apertura delle sale cinematografiche; quel giorno entrammo in due sale per due film veramente piacevoli. Io da un lato mi divertivo, pero' dall' altro pensavo della mancata venuta dei miei, non mi spiegavo il perche' della loro assenza dopo una decisiva affermazione di pochi giorni prima.
Usciti dal cinema passeggiammo un po', poi rientrammo in caserma, sostammo nello spaccio per bere qualcosa di fresco per poi ritornare in camerata e dormire dopo un giorno veramente faticoso sia di morale che fisico.
Il mattimo seguente dopo naturalmente le solite cose, il capitano ci riuni' nel cinema e racconto' cosa aveva saputo riguardo l' andamento della cerimonia dal generale; ci aveva detto che personalmente lui il capitano era stato molto soddisfatto insieme al colonnello; il generale riferi' : "Queste non sono reclute, sono vecchi soldati !!"; naturalmente il capitano ringrazio' noi tutti del nostro comportamento corretto et audace e fu molto orgoglioso di far vedere al generale che noi non avevamo niente da invidiare con gli altri soldati con piu' mesi di noi, in conclusione quella giornata passo' senza che facessimo niente, anzi quel giorno, il lunedi' dopo il giuramento ebbi un espresso; aprii e lessi che i miei si scusavano per la loro mancata partecipazione per motivi di lavoro da parte di mio padre; non mi convinsero, ero dubbioso e ansioso di sapere la verita' : la seppi molti mesi dopo, era stato operato mio fratello di appendicite acuta.


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CAR 12

L' ultimo giorno in caserma (Imperia)  
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fo_win3  13° parte   La caserma di Imperia

Il giorno dopo invece con tuta e l' equipaggiamento individuale fummo invitati a salire per l' ultima volta il "valtellino", cosi' si chiamava quel colle, e lo facemmo volentieri perche' sapevamo che avremmo saputo dallo stesso capitano la nostra prossima destinazione. Saliti, ci fecero riposare, poi ci fecero sedere alla maniera indiana e il capitano su di un poggio incomincio' a leggere le destinazioni di tutti noi. Si sentivano i nomi dei Reggimenti, dei Battaglioni, delle Scuole, che a noi davano un senso di mistero.
Tutti si chiedevano cosa avrebbero trovato, dove sarebbero stati "assunti". La maggior parte fu destinata nel Veneto e nel Friuli, pochissimi in Piemonte, Lombardia e Sud.; parecchi tra cui io, fummo mandati alle varie scuole di Firenze , Roma e di Napoli. Io fui mandato alla Scuola Trasmissioni della Cecchignola in Roma, altri nella scuola di S. Giorgio a Cremano a Napoli. Tutti noi chiedemmo ai superiori se il posto destinatoci era migliore di quello di Imperia, e questi titubando rispondevano di non saper niente. Ritornati in caserma, trovammo appesi nel corridoio parecchi fogli sui quali c' era scritto tutto quello che avevamo sentito dal capitano. Io lessi ancora il mio nome con la destinazione e mi accorsi di avere l' incarico di 118; chiesi cosa significasse ma non ebbi nessuna risposta sufficiente e concreta.
Quel giorno andammo a vedere sempre in caserma le foto che numerate erano appese sui cartoni : erano le foto del giuramento. Io le guardai bene e ne comprai alcune per mandarle a casa. Anche quel giorno passo', anzi quella sera trovai nello spaccio un tizio che cercava uno che sapesse scrivere a macchina, io mi offrii ma mi dissero all' ufficio maggiorita' che dovevo rimanere ad Imperia, questo io non lo volevo perche' desideravo fare questo corso a Roma per vedere qualcosa in piu', per vedere Roma, per vedere la differenza, ma dovetti pentirmi quando constatai che si facchinava abbastanza e sinceramente rimpiansi Imperia.
I giorni passavano, consegnammo l' armamento con gli accessori, poi zaini, coperte e via dicendo, in ultimo i piatti !!, consegnando tutto il materiale si arrivo' alla vigilia del giorno 8 aprile, il giorno dopo c' era la partenza. Quel giorno preparai lo zaino valigia, come tutti gli altri infilai tutto il corredo da riempirlo all' impossibile, poi per chiuderlo chiesi l' aiuto di altri commilitoni; nonostante i miei sforzi rimase altro materiale, per cui fu necessario l' acquisto di un sacco militare usato a prezzo di uno nuovo.
car_12a Da sinistra : Chimenti di Taranto, segue poi Lioce di Bari, e per finire Schino, lo scrivente.
Quella mattina di vigilia fu la giornata dei preparativi, fu la giornata delle raccomandazioni da parte dei nostri superiori sul nostro comportamento in viaggio. Passo' anche quel giorno e si arrivo' al giorno 8, giorno della nostra partenza, ultimo giorno ad Imperia. Quel mattino il cielo era molto nuvoloso, prometteva pioggia, comunque speravamo che le previsioni migliorassero; nelle camerate ci fu un "casino"; io sparsi la voce di smontare tutti i letti ormai ridotti senza telo e senza materasso. In un baleno tutta la Compagnia smonto' i letti, le sbarre furono ammucchiate, le testate furono lasciate li' dove cadevano. Tutte le camerate restarono vuote in un baleno, mancava solo giu' al portone la scritta "Affittasi locali".
Pero' i fragorosi rumori avevano attirato l' attenzione di parecchi superiori, i quali domandarono in giro per sapere l' autore di quell' ordine; alcuni fecero il mio nome, indicato vennero da me che avevo assunto un perfetto "self-control" e risposi che anche a me era stato detto dello "smantellamento", conclusione si dovettero rimontare e rimetterli ai loro posti; fra le risate di tutti incominciammo a rimontare questa volta con un altro fracasso infernale.
Per la cronaca questa volta i superiori non vennero di sopra, se lo avrebbero fatto se ne sarebbero andati con i timpani rotti.
Mangiammo a mezzogiorno il penultimo rancio; si cerco' di prelevare qualche panino per il viaggio e poi ritornammo su in camerata per riposarci.
Nel frattempo il tempo si era fatto minaccioso, ma questo non ci preoccupava, ci preparammo, ci recammo nell' ufficio viaggi per ricevere la trasferta, poche centinaia di lire. Nel pomeriggio di quel giorno sabato 8 aprile 1967 comincio' a piovere con forte intensita', certamente la natura partecipava alla nostra partenza con scroscianti lacrime che impedi' di recarci alla stazione a piedi; pioveva e noi mangiammo l' ultimo rancio di Imperia, poi sarebbe stato l' ignoto, non sapevamo cosa ci aspettava, non sapevamo che il capitano diceva il vero quando affermava che ce ne saremmo pentiti quando saremmo stati alle varie destinazioni.
Salutai coloro che restavano loro malgrado in quella citta' per altre 4 settimane, salutai alcuni caporali, poi discesi dalle camerate "semidistrutte" con lo zaino valigia. Sistemai lo zaino sul mio dorso, presi il sacco color kaki contenente gli anfibi e suppelletiti vari, e scesi le scale, l' ultima volta che scesi quella scala che tante volte avevo salito in quelle settimane. Giunsi nel cortile coperto, vi erano altri gia' pronti, ciascuno sullo zaino, giacche' si dovevano caricare su un camion che ci doveva precedere alla stazione di Imperia-Oneglia.
La pioggia scendeva fitta e silenziosa, si sentivano gli "e' finita, e' finita", purtroppo era finito il periodo di addestramento, ora ci attendeva un periodo molto piu' lungo, si fece l' appello dei presenti e poi fummo invitati a prendere posto sui camion gia' predisposti dai rispettivi autisti. Indossavamo oltre alla divisa da libera uscita invernale anche guanti e il cappotto, gia' perche' quella sera faceva un po' freddo et i nostri superiori volendosi interessare della nostra salute ci obbligarono ad indossarlo, decisione che dapprima non fu approvata poi si' perche' ci accorgemmo che non sarebbe entrato nemmeno un bottone nello zaino.


La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

 








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Nella vita prima o poi ...

scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

CAR 13

La caserma di Imperia  
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fo_win3  14° parte   La parteza da Imperia e l' arrivo a Roma

La caserma della quale ora mi allontanavo, non era molto grande : aveva due palazzine di 3 piani per gli "alloggi" alla truppa e una palazzina lunga per gli ufficiali. Tra le due c' era il grande cortile, asfaltato, poco distante c' erano moltissime fontanine che erano state adibite per la lavatura dei piatti; nonostante fossero molte, bisognava aspettare, fare la consueta "coda" per ritornare con gli "arnesi" lucidi" e puliti in camerata. I primi giorni i suddetti lavandini furono messi fuori uso perche' noi, sciaguratamente, lavammo tutta la roba con il terreno, naturalmente si otturarono; dopo, nei giorni seguenti, ci organizzammo con detersivi e pagliette. Di fronte a questi lavandini c' era una grande sala che di sera era la "sala cinematografica"; di mattina era la "sala lezioni", e infine di domenica era la "parrocchia" o meglio la chiesa, ci mancava che la sala fosse anche "sala da pranzo" e questo avvenne il giorno del giuramento per i parenti dei militari.
Di fianco a questa sala, ma prima della palazzina degli uffici c' era la cosidetta polveriera sorvegliata giorno e notte da una sentinella, povero cristo, sotto le intemperie atmosferiche per adempiere al suo "dovere", naturalmente non ci si poteva avvicinare, nonostante sapemmo fosse totalmente vuota !!.
C' era anche una palazzina dove vi era il sarto e la lavandaia dai quali noi eravamo sempre contenti di andarci per ritirare le camicie e i pantaloni ben stirati dal primo, e dalla seconda la nostra biancheria, naturalmente tutto questo a nostre spese, perche' se affidavamo la nostra biancheria alla lavanderia militare, ritornava si' indietro, ma era in condizioni da buttar via per i molti buchi che facevano "prendere aria" !!.
C' era in questa palazzina anche il barbiere, uomo calvo serpentino, un tizio che leccava abbastanza bene, unica cosa che sapeva fare; di tagliar capelli era consigliabile, dopo averlo visto al lavoro alla prima scotennatura che ci obbligarono a fare, di tagliarseli da soli con il rasoio, perche' se un tizio si avventurava in detta sala e ne usciva integro con un collo, doveva ringraziare il suo santo protettore !!.
Poi c' era il campo sportivo, di partite ne avro' viste pochissime, non si doveva sciupare l' erba !!, dietro ad una porta c' era un "percorso di guerra" con saliscendi, filo spinato, piccoli fiumi, buchi, muretti, tutto quello che secondo i capoccia erano gli ostacoli da superare in caso di guerra !!. Di lato a questo c' erano quattro pertiche, tre funi, una scala non a pioli ma a muro svedese. Dall' altro lato del campo, vicino alla porta carraia, c' erano le prigioni, stanzette senza finestre, ma con buchi per far entrare un po' d' aria, con porte di legno rinforzate con catene e catenacci; dentro a queste celle ci si stava bene d' estate, ma di inverno si moriva per il freddo, questo lo so non perche' ci sia stato io (sarebbe stata un' esperienza anche quella !!) ma da coloro che ci erano stati che bestemmiavano per la mancanza di riscaldamento, tanto e' vero che quando qualcuno doveva pernottare per una o piu' notti, i regolamenti dicevano che il recluso doveva avere due coperte e basta, mentre noi, dopo il "silenzio" quando tutto tacea, portavamo decine di coperte in modo da non farlo soffrire.
Di fianco alle celle c' era un' altra stanzetta serviva per la pulizia dell' organo genitale se qualcuno fosse andato a donne. C' era un lavandino e un barile di polvere bianca, forse era il disinfettante !!, era chiamata "sala igienica".
Di fianco alla porta carraia c' era quella principale con un corpo di guardia che "montava" 24 ore la guardia della caserma. La guardia era composta da undici uomini semplici e un graduato per la sua gestione : iniziava il lavoro alle 17,30 di ogni sera, arrivava in fila indiana con il graduato in testa che scandiva il passo; prima di presentarsi al cambio la "guardia" doveva essere sottoposta a ispezione da un ufficiale.
La guardia montante era chiamata al cambio dal trombettiere della guardia smontante; quando la guardia montante era in avvicinamento, c' era un "allarmi" e agli ordini del loro capo-posto, tutti si dovevano schierarsi sul riposo, allineati col fucile e baionetta innestata, pronti al "present' arm".
La nuova guardia si fermava di fronte a quella smontante per ricambiare il saluto del "present' arm"; gli ordini venivano dati dai rispettivi graduati. Dopo il cambio del saluto i due graduati (o capo-posto come erano chiamati) si recavano in ufficio dove il graduato smontante metteva al corrente il suo collega della situazione presente, cioè le uscite, le entrate, tutte registrate nei registri; dopo di che mettevano sull' attenti le due guardie e il capo-posto smontante ordinava alla prima muta della nuova guardia di fare un passo avanti.
Nella prima muta c' erano coloro che erano di servizio al primo turno, cioè dalle 17,30 alle 19,30. In fila indiana, la muta si recava a dar il cambio alle sentinelle smontanti, per prima cambiavano quella in garitta, fuori dalla caserma. Lo scambio avveniva dopo che le due sentinelle si avevano scambiano il saluto all' arma, quella smontante dava le consegne alla nuova.
Dopo questo scambio, i rimanenti militari della prima muta si avviavano in fila indiana con in testa il graduato agli altri posti della caserma dove erano in attesa le sentinelle smontanti, per esempio quella ai carburanti, alle munizioni, alle prigioni, alla cassa o altri posti importanti.
Dopo aver cambiato tutte le sentinelle, con il solito rito delle consegne e dei saluti, la muta smontante con il suo capo-posto ritornava alla porta centrale dove nel frattempo c' era il divieto di entrata e uscita, sia a piedi che in macchina; tutti dovevano aspettare che il cambio della guardia fosse al termine.
Quando la muta con le sentinelle smontanti ritornava alla porta centrale si allineava con i propri colleghi e prima di congedarsi tutti in fila indiana passavano davanti alla sentinella in garitta e ritornava in sede. . La guardia montante salutava sul "present' arm" l' allontanarsi di quella smontante
Che casino !!.


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CAR 14

La parteza da Imperia e l' arrivo a Roma  
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fo_win3  15° parte   Il primo giorno in caserma (Roma)

I camion incominciarono a muoversi e i saluti si moltiplicarono sino a quando si arrivo' alla porta centrale; quel giorno montava come capoposto della guardia della caserma il mio caporale Bellotti, ci saluto' calorosamente e noi rispondemmo. Usciti che fummo dalla porta carraia, alcuni incominciarono a cantale l' inno del Reggimento, alcuni si erano appartati e pensavano, altri cercarono di parlare con le ragazze che passeggiavano per la via principale di Imperia. Io mi appartai e pensai dapprima sulla mancata venuta di mio padre al giorno del giuramento, poi a cio' che mi aspettava, a cio' che avrei fatto, pensai ...
Si arrivo' in stazione; codesta non poteva definirsi tale, comunque di li' si doveva partire; il cielo non lacrimava piu', questo permise a ciascuno di noi di prendere il rispettivo zaino e stare all' erta del treno. Ci avvisarono pero' che c' era posto per tutti e percio' non si dovevano creare confusioni e colluttazioni anche perche' il treno partiva da Albenga e noi eravamo alla prima fermata, la prima stazione. Attendemmo circa 30 minuti, nei quali si rifece l' appello e si misero a gruppi coloro che andavano in una citta', ogni gruppo aveva un caporale che aveva tutte le nostri schede personali.
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Arrivato il treno verso mezzogiorno, salimmo disciplinatamente e sistemammo i nostri bagagli sulle apposite mensole; dopo di cio' si aspetto'. Si parti', e durante il tragitto salirono altri militari; costoro appartenevano al mio stesso Reggimento, all' "89° Reggimento Fanteria Salerno". Il treno viaggiava a velocita' molto sostenuta, anzi se qualcuno desiderava scendere col treno in marcia per prendere un po' di aria salubre lo poteva ben fare perche' avrebbe fatto in tempo a riprenderlo !!.
Il motivo di quella velocita' ritardata al rallentatore era dovuta alla linea ferrata che possedeva solo un binario per i due sensi et anche perche' il percorso era tutto pigmentato di gallerie che impedivano una visuale sufficiente. Si arrivo' a Savona, qui ci attendeva un altro treno con numerosi vagoni, ciascuno con un cartello indicativo circa la propria destinazione.
Quel treno che ci aspettava era una "tradotta militare", io con tutti quelli che andavano a Roma salimmo sui vagoni con la scritta Roma, pero' prima di arrivarci fummo costretti a percorrere un lungo tratto a piedi, con un peso che ci ostacolava ogni movimento.
Accompagnati sempre da ufficiali, salimmo e ci sistemammo sui sedili di legno della carrozza; tutti quanti imprecarono sul modo di viaggiare dell' Esercito Italiano; a nulla valsero le loro bestemmie, ci si doveva sedere sul legno, anzi qualcuno si tolse il cappotto, fece un fagotto simile a un cuscino e lo sistemo' sotto il suo osso sacro !!.
Fortunatamente eravamo capitati in una carrozza nella quale vi era anche lo spaccio, logica conseguenza e' che ciascuno si riforni' di bevande e panini.
Io ero un po' al verde per cui presi alcune banane in modo da sostenermi per tutta la notte. Oltre alle carrozze per Roma vi erano molte per Napoli e Lecce. Si parti' e dopo quasi nove ore di viaggio da quando lasciammo Imperia, arrivammo a Genova; sostammo in questo capoluogo per un po', e notai che nella stazione vi era un discreto traffico ferroviario. Partiti che fummo costeggiammo la costa ligure, passammo davanti alla stazione marittima e fui colpito dalla presenza in porto di uno dei due transatlantici con i camini a fungo; era illuminata a giorno da migliaia di lampadine colorate che disegnavano lo scafo della grande unita' italiana.
Anche al mio arrivo ad Imperia due mesi prima notai la presenza di uno dei due transatlantici. Poco dopo scomparve e dai finestrini bagnati dalla rugiada della notte, le luci della citta' genovese si dissolvevano nella oscurita'; si notavano le luci stradali e sulle stesse i fari delle auto. Il sonno vinse gli altri occupanti del mio scompartimento, et io solo rimasto, mi abbondonai alla riflessione e pensai a quel treno come se mi portasse nella mia citta'. Il treno viaggiava, si fermava, ripartiva, mentre noi nel nostro compartimento eravamo sempre seduti sulla panca legnosa, assopiti, stanchi.
Alle otto di mattina e oltre, il treno si fermo' in una stazione di Roma, precisamente alla Stazione Roma-Ostiense; la maggior parte dei militi scese ivi, ci fu un vero caos, la stazione fu invasa pacificamente da noi tutti; comunque noi che andavamo alla Scuola Trasmissioni riuscimmo a non sparpagliarci, restammo uniti con il nostro ufficiale.
Dal treno si scese con difficolta', trasportando a fatica lo zaino valigia che accidenti pesava enormemente; vi erano numerosi ufficiali ad aspettarci, ciascuno cercava i nuovi elementi da strasportare subito in caserma. Ci fecero sostare fuori dalla stazione per oltre un paio di ore. Il cielo sereno prometteva bene; fuori notammo decine di camion che facevano la spola tra la stazione e l' ignota destinazione. Finalmente un ufficiale "straniero" di viso ci si avvicino' e prese in consegna le nostre schede personali dal nostro accompagnatore e ci porto' in un angolo della stazione raccomandandoci di non muoverci.
Sostammo nel punto indicatoci fino oltre mezzogiorno; mi sedetti sullo zaino e vidi che il gruppetto aumentava, aumentava sempre. Vennero poi venditori di cartoline di Roma, i quali ci distolsero i pensieri e ci costrinsero a sborsare lire duecento per un pacchetto di venti cartoline colorate della capitale. Intanto i camion senza sosta alcuna trasportavano i militari che salivano sopra senza commentare, muti fissavano gli altri e chissa' cosa volevano dire, forse perche' si sentivano soli, senza piu' amici, tutti visi nuovi, sconosciuti, enigmatici. Fuori dalla stazione quella domenica spirava un violento "venticello de Roma", che ci costrinse a tener pressato il nostro copricapo.
Finalmente giunsero i camion, salimmo, guardammo fuori la stazione allontanarsi per poi scomparire; si percosero strade alberate e spaziose, il traffico era sufficientemente caotico; tutti si domandavano dove ci avrebbero portati, eravamo tutti assorti; ad alcuni di noi comparvero alcune lacrime agli occhi, desiderosi di vedere il borgo natio, specialmente per coloro che a Pasqua non ebbero la fortuna di andare a casa.


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CAR 15

Il primo giorno in caserma (Roma)  
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fo_win3  16° parte   La Scuola Cecchignola (Roma)

Dopo circa 30 minuti entrammo nella "citta' militare" chiamata Cecchignola, e notai che vi erano negozi di tutte le specialita', vi era anche un cinema e molti bar. Attraverso strade secondarie si arrivo' all' ingresso di una caserma et il camion entro' senza indugi e si fermo' dinanzi allo "spaccio" degli ufficiali.
Scendemmo e sostammo vicino ai propri zaini, poi per reggimenti entrammo nella sala corredata di tutti i giochi e confort, e pensai che se quello spaccio fosse nostro, per la "truppa" come suol dirsi, era davvero una pacchia, ma non lo era invece !!.
Entrati consegnarono i documenti a dei superiori sparsi nel salone seduti vicino a dei tavolini e ricevevemmo un foglio dove vi era indicata la Compagnia; usciti, ragrupparono coloro che erano stati destinati alla stessa Compagnia e accompagnati da un caporale ci trasferirono alla "nostra" palazzina. La distanza era notevole, tanto che non riuscii a portare lo zaino a destinazione senza farlo cadere parecchie volte tra le bestemmie e frasi di occasione. Giunsi finalmente a destinazione, tutti depositammo le valigie e ci portarono al refettorio per mangiare qualcosa. Non c' era gran che in cucina, comunque riuscimmo a sfamarci e far ritorno accompagnati naturalmente dallo stesso caporale.
Arrivati, ci fecero altre domande, si presero il vecchio tesserino, controllarono i documenti di identificazione e ci portarono nelle camerate provvisorie per poi farlo definitivamente quando la Compagnia sarebbe stata al completo.
Era domenica 9 aprile dell' anno di disgrazia 1967, ed era il primo giorno a Roma in una nuova caserma. Ci furono consegnate :
- le mostrine,
- e stellette,
- una maschera antigas,
- un fucile,
- un elmo,
- una borraccia,
- lenzuola e coperte
naturalmente si doveva firmare. Firmammo.
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A sera la Compagnia era completata, e si senti' per la prima volta il silenzio, in altoparlante di marca "Geloso" sistemati nelle camerate. La prima notte trascorse velocemente, eravamo stanchi.
Appena addormentati si senti' la prima sveglia del nostro primo mattino.
Quasi contemporaneamente entro' il sotto-ufficiale di giornata gridando la solita frase "Giu' dalle brande". Ci alzammo ancora assonnati, e dopo aver svolto la pulizia della persona, si scese con il proprio gavettino per consumare la colazione, che sinceramente era migliore di quella di Imperia; ci recammo di corsa alla prima alza bandiera e al nostro rientro di corsa ci furono disposizioni che ci obbligarono a scendere nel cortile con tutto il proprio corredo, in modo che potevano darci il nostro posto letto definitivo.
Eravamo tutti nel cortile, ciascuno esprimeva la propria opinione su cio' che accadeva; dalla finestra i vari caporali ci chiamavano e finalmente giunse anche il mio turno. Salii, ero stato messo al quarto plotone, nel sesto gruppo; la divisione per gruppo era stata stabilita per consonanti, giacche' nel mio gruppo i cognomi erano tutti dalla erre alla zeta. Mi fu consegnato il mio posto branda e cosi' incominciai a disfare lo zaino, tuta mimetica, divisa invernale, da fatica, divisa ginnica e suppellettili varie.
Dopo ci chiamarono e ci assegnarono un caporale, un sergente maggiore et un maresciallo; dopo ci fu reso noto il nuovo indirizzo e tutti scrissero ai propri cari, alle proprie ragazze, ai propri amici. Io oltre a scrivere ai suddetti, scrissi a mio zio che era militare a Roma, precisamente nella caserma Macao, come attendente di un colonnello. Cosi' trascorse il primo giorno a Roma. Il giorno successivo ci vennero consegnati quaderni, gomme, matite e penne, e furono sostituiti il caporale e il sergente con altri due.


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CAR 16

La Scuola Cecchignola (Roma)  
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fo_win3  17° parte   Diario del mio servizio militare, conclusioni a tutt' oggi, anno 2003

Nei giorni successivi furono distribuiti i vecchi tesserini (i nuovi non erano ancor apronti) per uscire; ormai la Compagnia era al completo : era formata da sei gruppi, ciascuno di 40 persone, delle quali una dozzina erano fuori sede o in ospedale o in convalescenza. Nelle camerate erano scomparsi i letti a castello del C.A.R.(Centro Addestramento Reclute), vi erano posti letto singoli e questo rappresentava una certa igienicita' complessiva.
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Nei primi giorni nessuno riusciva ad orientarsi nella nuova caserma, vi erano numerose palazzine, tutte lontane fra di loro; vi erano strade non asfaltate ma sassose e sabbiose. Solo nel cortile centrale e nelle sue vicinanze c' era l' asfalto. Lo spaccio lascio' molto a desiderare, era piccolo, insufficiente per contenere una massa enorme come lo eravamo noi. La sala cinematografica era sufficientemente ampia ma non ben arredata, vi erano molte sedie scomode e un caldo insopportabile. Nei primi giorni quasi ogni sera si andava a cinema per scacciare i brutti pensieri prima e poi perche' non eravamo pronti per uscire; ricordo che si percorreva molta strada perche' non sapevamo le vie di "mezzo" (scorciatoie).
Il giorno trascorreva nel seguente modo : sveglia alle 6,30, inizio primo periodo di istruzione alle 7,30 e terminava alle 11,30, poi si andava a consumare il primo rancio.
Nel primo periodo erano comprese addestramento formali et anche ginnastica, poi si andava in aula dove il nostro maresciallo dettava e noi scrivavamo; pero' ben presto ci accorgemmo del modo di fare e di dettare del nostro superiore, nei giorni successivi la giornata trascorreva tra dettato e risate che finirono ben presto nella noia.
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Mi accorsi che i miei superiori erano senza comprensione, solamente il nostro maresciallo si salvava, era un brav' uomo e si mostrava come un padre, molte volte in aula offriva le sigarette a coloro che fumavano, pero' quando lo facevamo arrabbiare diventava furioso e bestemmiava forte, ma dopo una sigaretta si calmava e tutto ritornava come prima.
Nel primo gruppo trovai un barese, al quale mi legaii in amicizia, amicizia che non poteva dirsi stretta, era un' amicizia che si doveva fare per non essere solo. Era un tipo che elevava troppo il suo io. Ormai in tutto il gruppo circolava quella espansivita', quella amicizia caratteristica delle piccole comitive con svariate idee e diverse lingue. Vi erano una dozzina di alpini, tra i quali alcuni di Bolzano e di Udine; quando parlavano tra di loro si capivano, noi restevamo a bocca spalancata per cercare di decifrare cosa dicessero; avevano accenti nuovi e parlavano con una certa velocita'.
Poi vi erano i milanesi, siciliani, piemontesi, sardagnoli, ed altri che rappresentavano le proprie regioni; c' erano anche dei romani nel nostro gruppo.
Ogni mattina ci si alzava alla solita ora, da notare che il mio posto branda era a fianco di un romano, un tipo alto il doppio di me, di scarpate lanciate da me ne ha avute tante, russava. Come dicevo il posto branda era di fianco al suo, e siccome questo ragazzo aveva la sinusite, appena si adagiava sulla branda in posizione supina, si addormentava subito : usciva dalla sua ugola una moltitudine di suoni caratteristici, suoni gutturali che svegliavano tutta la camerata, si' russava abbastanza forte, tanto da non farmi addormentare facilmente.
La nostra caserma ospitava la 7° Compagnia, quella mia per modo di dire, la 6°, la 10°, 11°, 12°, la compagnia di comando, oltre naturalmente alle compagnie di allievi A.C.S (Allievi Comandanti Squadre), complessivamente eravamo circa 2.000 uomini.
Oltre al cinema, vi era un vasto campo sportivo, poi vi era una palestra alla quale si poteva entrare solo dopo aver avuto l' autorizzazione che arrivava dopo un paio di mesi da parte del colonnello, poi lo stesso signore declinava anche ogni responsabilita' in caso di incidenti; conclusione la palestra era sempre chiusa.
L' arma che avevamo in dotazione era il G91, il moschetto della guerra 15/18, con baionetta, tutto era arruginito tanto che al primo colpo sarebbe fuso per l' eccessivo calore prodotto dagli scarichi dei gas della polvere da sparo.
Le giornate trascorrevano lente e monotone, i soliti esercizi di corsa, con l' arma perfettamente parallela al terreno, il modo di presentarsi con o senza armi, le solite cretinate che ci avevano imboccato al C.A.R. Tutto tempo perduto per ripetere le stesse cose; avanti e indietro, il dietrofront, al passo, di corsa, le conversioni su un perno, naturalmente noi eravamo scocciati e ubbidivamo meccanicamente perche' al minimo segno di insofferenza, punizione.
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Dopo che se ne fu andata la 6° Compagnia dopo tre mesi, tutti i servizi di quest' ultima erano "riservati" per la 7° Compagnia, giacche' ambedue costituivano il 2° Battaglione. Se ne andarono allegri, per loro questo inferno era finito, per noi invece restavano ancora altri 30 giorni, 30 giorni di attesa, per poi partire con un brutto ricordo da questa Cecchignola. Ormai si contano le decadi, altre tre decadi, altre due, un' altra e poi via. In questo mese i giorni trascorsi in aula furono molto pochi, eravamo tutti impegnati con altri impegni i servizi, le guardie, ecc.; le libere uscite si contavano sulle dita, si usciva una volta la settimana, per recarsi al cinema per poi rientrare, tutti stanchi e pensierosi; rientrare e leggere di essere ancora di servizio.
I giorni passavano piu' male che bene, comunque passavano, l' importante era quello, che si arrivava subito al giorno degli esami; ricevemmo la terz' ultima decade e aspettavamo la penultima.
Nota : Da notare che il nostro salario era una decade, cioe' 156 lire al giorno, per dieci giorni erano 1560 lire !!.
Ormai si arrivo' alla penultima settimana, i servizi erano sempre piu' fitti, il conto alla rovescia continuava senza sosta, tutti partecipavano a questo conteggio, tutti erano nauseati dalla 7° Compagnia, tutti volevano andar via, tutti aspettavano la loro destinazione prossima, tutti cercavano invano di saperla in anticipo, tutto inutile. I commilitoni delle altre Compagnie, nei giorni che seguirono gli esami risultarono esultanti da un lato e pensierosi sulle loro prossime e lontane destinazioni, dall' altro; la maggior parte andarono nel Nord_Est. Ci sarei andato anch' io.
Un giorno ci distribuirono la penultima decade (1560 lire), e nonostante questo partecipai alla cena di addio organizzata con molto casino dai soliti desposta. Alla cena furono invitati i nostri istruttori che si dovevano farsi trovare al ristorante. Noi uscimmo dalla caserma tutti compatti e ci recammo sul luogo dell' appuntamento. Arrivammo dopo circa 20 minuti a piedi.Si incomincio' a far casino, ad ineggiare al nostro maresciallo, al sergente e al caporale. Ci furono momenti belli ai quali non si poteva essere estranei. Poi nel finale fu invitato un noto commilitone per raccontare alcune barzellette, anche qui momenti sorridenti ed allegri, tutti parteciparono con l' anima a quella cena di addio.
Ritornati nel nostro "albergo" non si fece casino perche' avevamo promesso al nostro maresciallo di non farlo. Gli regalammo un accendino placcato in oro, mentre gli alpini, un cappello da alpino con tutti gli stemmi dei vari reggimenti; fu molto contento e si commosse, lo si vedeva in viso.
Alcuni giorni dopo diventammo militari specializzati, io ero diventato Operatore ponti radio con qualifica NOS (Nulla Osta Segretezza) e i giorni successivi eravamo ancora tutti di servizio !!. Ormai pochi giorni ci separavano dall' addio alla Cecchignola e quei giorni passavano lentamente.


La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

 








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nel sito dello "Scoiattolo del Lago Maggiore". Questo sito e' la parte individuale e personale del webmaster, responsabile del sito principale www.schino.com .
L' obiettivo del sito e' di ricomporre in una sola area tutte quelle informazioni precedentemente archiviate in soffitta per dare la possibilita' allo scrivente di rivedere il suo passato, di ricordare quanto fatto quando era ancora ragazzo, e aggiungere quello che e' presente allo stato attuale.

Commenti ... ?

Tutto qui. Spero di aver fatto un buon lavoro (non ancora finito ...).

 

Nella vita prima o poi ...

scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

BATTAGLIONE TRASMISSIONI FOLGORE - I CONGEDANTI 1967

battaglione_trasmissioni_folgore_i_congedanti_1967
.... o ritornando noi tempo passato, ognuno si riconderà di... :
1 ABBONDANDOLO MICHELE
2 ACITELLI PIETRO
3 AMBROSIO NI DOMENICO
4 BASSI PIETRO
5 BRAGA IVO
6 CALENZO ANTONIO
7 CAMPOCHIARO ROSARIO
8 CARLUCCI DONATO
9 CAVALLO GIUSEPPE
10 CHIAPPETTA MARIO
11 CHIMENTI GIANCARLO
12 CIRILLO RAFFAELE
13 CITARELLA FRANCESCO
14 COCOZZA FRANCESCO
15 CORIOLANO DOMENICO
16 CUSCITO BIAGIO
17 DI GIROLAMO ALFREDO
18 DURANTI FELICE
19 GABRIELE SALVATORE
20 GALIANDRO VITO
21 GIANDOMENICO DONATO
22 GUALANDRIS BRUNO
23 IANNUZZI GIULIO
24 LEONETTI DOMENICO
25 LIOCE VITO
26 LODDO GIOVANNI
27 LORRAI GIOVANNI
28 LUCENTE GIUSEPPE
29 MANCINELLI GIOVANNI
30 MONTELEONE FRANCO
31 MULE' ANGELO
32 NINI ARMANDO
33 NUCCIO ANGELO
34 PARTIGIANI ENZO
35 PARUSCIO ELIO
36 PETTINARI GIUSEPPE
37 POINELLI RENATO
38 PUSCEDDU PIERO
39 RODA LORENZO
40 ROSSI GIULIANO
41 SCHINO FRANCESCO
42 ROVERON SERGIO
43 TASSANDIN PIETRO
44 TOGNARELLI FRANCO
45 TOREGGIANI ROBERTO
46 TRINCA BRUNO
47 VITIELLO LUIGI




La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

 



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Nella vita prima o poi ...

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CAR 17

Diario del mio servizio militare, conclusioni a tutt' oggi, anno 2003  
  archive  
fo_win3  17° parte   Diario del mio servizio militare, conclusioni a tutt' oggi, anno 2003

schino06
Rileggendo il mio diario che si riferisce solo al periodo del C.A.R. e ai mesi fatti nella Scuola Trasmissioni della Cecchignola (Roma), posso certamente affermare che i commenti nettamente negativi espressi, a tutt' oggi anno 2003, risultano eccessivi. Effettivamente essere sradicato dal proprio ambiente e immerso in un mondo totalmente diverso rende il pensiero totalmente negativo. A distanza di tanti anni, il mio congedo fu nel 1968 e oggi sono nell' anno 2003, posso affermare che per me il servizio militare e' stato molto utile.
Ho appreso tanto, ho conosciuto e capito tanta gente, ho apprezzato i pregi e i difetti dei miei colleghi, ho stimato gli altri e sono stato stimato, mai avuto e mai fatto scherzi stupidi anche durante il periodo del nonnismo, ho visitato Imperia, Roma, Treviso, e da Treviso attraverso le numerose manovre fatte ho potuto visitare tante cittadine venete, naturalmente con gli occhi del militare, ma ho sempre in ogni caso visitato ambienti, discusso con tanta gente, ho apprezzato quel pezzo d' Italia del Nord-Est. Ho visitato le cittadine di Aviano, Codroipo, Conegliano, Cormos, Gemona, Gradisca, Latisana (innondazione 1967), Palmanova, Piancavallo e Portogruaro
I miei appunti finiscono alla fine della Scuola Trasmissioni della Cecchignola, poi evidentemente per diverse ragioni ho smesso, pero' i ricordi sono impressi nella mia memoria e non avrebbe senso aggiungerli qui ora perche' non avrebbero il timbro di quanto avevo vent' anni.
Allego la mia documentazione in mio possesso, e quando guardo queste carte, ricordi aggiuntivi vengono alla luce. Sarebbe bello se si potesse rintracciare tutti noi per vederci ora che siamo tutti cinquantenni. Chissa' in futuro.
Dal foglio immatricolare risulta che : - chiamato alle armi il 22 novembre 1966
- arrivo ad Imperia, 89° Reggimento Fanteria CAR il 5 febbraio 1967
- partito da Imperia per Scuola Trasmissioni Cecchignola (Roma) il giorno 8 aprile 1967
- arrivato alla Scuola Trasmissioni Cecchignola (Roma) il giorno 9 aprile 1967
- partito da Roma per il Battaglione Trasmissioni Folgore (Treviso) il giorno 4 agosto 1967
- arrivato al Battaglione Trasmissioni Folgore (Treviso) il giorno 5 agosto 1967
- avviato in congedo illimitato dal Battaglione Trasmissioni Folgore (Treviso) il giorno 26 aprile 1968 (giorno del mio 21° esimo compleanno !!.)
Firmato : Lo Scoiattolo del Lago Maggiore.

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selezione_attitudinale_2

attestato_di_specializzazione

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    Battaglione Trasmission Folgore : i Congedanti 1967


    La mia infanzia ?

    Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.

     








    La mia infanzia ?

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