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nel sito dello "Scoiattolo del Lago Maggiore". Questo sito e' la parte individuale e personale del webmaster, responsabile del sito principale www.schino.com .
L' obiettivo del sito e' di ricomporre in una sola area tutte quelle informazioni precedentemente archiviate in soffitta per dare la possibilita' allo scrivente di rivedere il suo passato, di ricordare quanto fatto quando era ancora ragazzo, e aggiungere quello che e' presente allo stato attuale.

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Tutto qui. Spero di aver fatto un buon lavoro (non ancora finito ...).

 

Nella vita prima o poi ...

scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

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Il primo giorno in caserma (Imperia)  
  archive  
fo_win3  3° parte   Fase della vestizione

Fummo invitati a salire, ancora stordito come tutti gli altri, del nuovo clima, della nuova città, salii anch' io e guardai la sede stradale allontanarsi, scomparve anche la stazione. Pensai già al giorno di entrare di nuovo in stazione per recarmi a casa, avvenimento che non si doveva avverare.
Guardai le strade, la gente, tutto cio' che si guarda quando si e' nuovo del posto; pensai a cosa avrei potuto faro alle 13 di quella domenica a casa. Poco dopo il camion entro' dalla porta carraia (cosi' mi dissero che si chiamava), e si fermo' dolcemente vicino alla "sala convegno" comunemente chiamato "spaccio". Dimenticavo che prima di arrivare alla caserma, il caporale che ci seguiva raccolse tra tutti gli astanti neo-reclute, sigarette e monete, tanto da riempire la sua bustina (il copricapo tipico dei soldati).
nvitati ad entrare nella sala convegno, vi entrammo, ci portarono al banco, ricevemmo una focaccia fredda e un bicchier di vino bianco, poi nulla. Nella sala poca gente vi era, qualcuno giocava al bigliardino, nient' altro. Pochi minuti dopo ci portarono davanti ad una porta e ci chiamarono per i rispettivi cognomi. Alle 13 di quella domenica, 5 febbraio 1967, giunsero in quella caserna una cinquantina di giovani, tra cui la mia persona; arrivò il mio turno, entrai, dopo aver depositato la valigetta al suolo, mi trovai di fronte a un lungo tavolo attorno al quale erano disposti cinque caporali (lo sapevo perche' quello del camion lo era anche lui, mentre quello con la fascia azzurra mi dissero che era l' ufficiale di "picchetto" ).
Passai da uno e finii all' ultimo, ognuno volle sapere qualcosa, generalita', professione, titolo di studio ed altre cose varie, pero' erano molto curiosi quei tipi !; arrivai all' ultimo e senza renderni conto firmai alcuni fogli e mi consegnarono un libricino di benvenuto del comandante di quella caserma.
In quel libricino vi era narrata la storia riassuntiva di quel Reggimento e precisamente era l' "89° Reggimento Fanteria Salerno" , le sue varie medaglie conquistate nelle diverse campagne di guerra, i suoi eroi.
Conteneva un cartoncino sul quale era scritto il mio nuovo indirizzo : recluta Francesco Schino, 89° Reggimento Fanteria C.A.R. Salerno, 2° Battaglione, 7° Compagnia, 1° Plotone, 4° Squadra, Imperia.
Dopo che tutto questo fini' ci portarono in un' altra stanza nella quale , chiamati uno per uno, ricevemmo tre coperte, due lenzuola, un cuscino, ed una federa. Ci portarono ai rispettivi letti a castello, il mio era quello inferiore; depositammo le valigie e il materiale ricevuto sul materasso duro e sporco; ci allontanammo in un' altra stanza nella quale furono distribuiti a cadauno due piatti (uno convesso ed uno concavo), un cucchiaio, una forchetta ed un gavettino; sia per le coperte sia per queste ultime dovetti depositare in calce la mia firma.
Ritornai al mio letto, cercai di imparare la via da fare per non perdermi fra tante stanze tutte uguali e mi sedetti. Nonostante fossi stanco pensai a casa; destato dalla confusione rumorosa rimboccai le coperte come stavano facendo gli altri e fatto cio' depositai i piatti sul letto ormai in ordine, era il mio primo lavoro casalingo.
Su tutto era inciso una sigla a me nuova: E.I., dopo capii !!, significava Esercito Italiano !!!.
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Era ormai sera, ci lasciarono in pace annunciandoci che la sveglia la mattina dopo sarebbe stata alle 6,30 e che in mezz' ora dovevamo riordinare il letto, vestirci, far pulizia della persona e scendere con il gavettino per la colazione. Segui' un mormorio generale, io mi appartai; stesi il telo, lo aggangiai agli appositi uncini, distesi il materasso duro e lurido, poi le lenzuola, le coperte: il mio posto letto era pronto per ospitarmi per tre mesi. Mi tolsi l' impermeabile, la cravatta, i pantaloni, quest' ultimo che conteneva il portamoneta lo piegai seguendo le giuste pieghe e lo misi sotto il cuscino : avevo soddisfatto il primo consiglio di mio padre.
Appesi l' altra biancheria e mi stesi in posizione supina sotto le coperte; con gli occhi fissi al soffitto pensai con terrore: era la prima notte in una caserma. Cercai di non dormire perche' i così detti "nonni" non facessero qualche sorpresa !.
Restai sveglio quando piu' potetti, e nel pensare gli occhi furono innondati di lacrime che scivolarono per le tempie e si dissiparono sul cuscino. Pero' il lungo viaggio di ben 18 ore mi aveva reso un po' di spossatezza per cui mi addormentai e non ricordo niente di quello che sognai tanto ero immerso nel mondo delle tenebre. Riuscii a sentire le note, un po' stonate, del mio primo silenzio suonato da una tromba sgangherata.
Mi ero appena addormentato che suono' la mia prima sveglia, restammo a letto come si faceva tutte le mattine a casa, ma quella fu diversa, infatti fece irruzione nella nostra camerata il sotto-ufficiale di giornata che con frasi fuori dal normale e con voce rabbiosa ci svegliò e gridò : "camerata att-ttì"
Entrò il sotto-ufficiale di ispezione (cosi' lo chiamarono ) e tutti saltati dal letto ci mettemmo sul' attenti in mutandine. Ciascuno rifece il letto secondo la propria fantasia; andai nel gabinetto e notai la porcheria ivi, comunque rassettai la mia persona ancora in abiti civili e ritornai in camerata; presi il gavettino e il cucchiaio e seguii gli altri giacche' io non sapevo dove andare.
Giunsi al refettorio dove distribuivano quello che si chiamava latte e un pezzetto di pane lasciato per la durezza dai cani. Il liquido aveva solo il colore del latte, era tintura con acqua tiepida. Constatai che le cose non andavano tanto bene, gia' mi immaginavo come sarebbe stato il rancio; ritornai su, lavai l' occorrente, lo depositai sotto il letto e mi avviai di corsa fuori in adunata sempre seguendo gli altri.
La caserna sorgeva in una valle circondata da tre colline; non era molto grande comunque, per andare all' alza bandiera si doveva scendere per una strada tutta in discesa per poi, farla tutta in salita, sempre di corsa, al ritorno.
Ci aspettava al palo della bandiera una banda abbastanza numerosa che suonò "Fratelli d' Italia".
Ritornati su, ci portarono in un magazzino dove ci consegnarono al volo uno zaino contenente alcune cosette e poi una tuta mimetica, un paio di pantaloni e una giacca colorata a pezzetti di marrone, rosso, giallo e verde, vestiti in quel modo dovevano sembrare come tanti arlecchini, mah !.
Ritornati vicini ai rispettivi letti, aprimmo lo zaino, nel mio, erano tutti uguali, vi era :


Tutti gli oggetti erano contrasegnati con la sigla, E.l., meno le due cravatte che non potevano essere confuse per il loro caratteristico colore verde.
Appesi lo zaino grande alla "testa" del letto mentre il piccolo ai "piedi ", come dicevano continuamente i caporali.
Mentre eravamo intenti a mettere a posto gli zaini entro' in camerata un tizio che poi ci dissero essere il nostro capitano. Questi ci insegno' come doveva essere fatto il posto branda, come si dovevano rimboccare le coperte e le lenzuola in modo che tutti i posti dovevano risultare allo stesso modo. Come tutti gli altri riordinai come mi era stato detto, poi mi tolsi gli abiti civili e indossai la tuta mimetica, come mi avevano ordinato.
Giunsero le 11,30 del mio giorno di vita militare, scesi vestito con la tuta mimetica come tanti altri e feci adunata per recarmi al mio primo rancio. L' adunata venne annunciata dal caporale di giornata che ci "invitava" a scendere con i piatti, posate e gavettino.
La Conpagnia era raggruppata a gruppi di squadre, mi misi in coda , la mia prima coda per andare a mangiare !. Finalmente entrai, ebbi un rancio schifoso che non vorrei ricordare, comunque ebbi la buona volontà di mangiare qualcosa, mangiai molto pane, bevvi un liquido color rosso, sembrava vino; finito, uscii e andai alle fontane distanti circa un centinaio di metri per lavare i piatti. Ritornai su, mi distesi sul letto e pensai, strano i pensieri erano tutti verso casa, erano tutti verso gli amici, verso la "libertade perduta...".
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Nei primi giorni che seguirono tutti non erano propensi ad espandersi con il prossimo, io non ero da meno. Si inconinciò a conoscere meglio la caserma, si incomincio' a fare amicizia dopo le riluttanze iniziali. Notai una scritta in rosso a caratteri cubitali sulla palazzina del comando: "NON CHIEDO DOVE" , frase che ci fece sorridere e tacere contemporaneamente.
In quel giorno l' adunata delle 13,00 servi' a chiamarci e a raggrupparci in squadre, ci assegnarono un caporale istruttore; poi in liberta', in camerata.
Il nostro caporale di nome Bellotti scrisse in un libricino tutti i cognomi dei componenti della sua squadra, distretto e anno di nascita.
Si fece amicizia con questo caporale che sembrava, e poi lo fu davvero, essere un bravo ragazzo. Tutti quanti poi si misero a scrivere, sul retro delle buste figurava un mittente abbastanza lungo; tutti quanti scrivevano la prima lettera a casa, lo feci anch' io, informai i miei della mia "buona salute" e dell' ambiente, nonche' del mio nuovo indirizzo. Mi recai dopo allo spaccio e mi accorsi che era provvisto di una sala scrittura, di una sala televisiva arredata di un vecchio apparecchio Geloso dei primissini anni, nonché di un jukebox a moneta, di una cassa, da dozzine di bigliardi da tavola e parecchi tavoli in formica (non quelle che si muovo e danno fastidio ma legno plastificato !!).
Spedii il mio scritto e rimasi nella sala convegno per un po' sino alle 17,00, ora della chiusura per poi andare di nuovo in adunata per il secondo rancio.
Questo era il brodo, di nome, in realta' si trattava di una brodaglia di un liquido sporco, si notavano sulla superficie della marmitta le macchie di oscura provenienza, comunque nessuno protesto' perche' ancora scioccati, si mangiò soltanto pane e frutta bagnato il tutto con quel liquido color rosso.
Si ritornò allo spaccio, ci furono ragazzi che per non pensare gettonavano canzoni. Le piu' gettonate erano le canzoni che si presentarono al festival di San Remo di quell' anno. Alle 21,00, quando si riaprirono le camerate si ritornò su e leggendo l' ordine del giorno mi accorsi di essere di servizio l' indonani al refettorio con altri miei amici commilitoni. Ritornai sul mio letto rifatto pazientemente; questo era stato il mio primo giorno completo dalla sveglia al silenzio; un primo giorno che fu un indice della vita militare, mi dissi : "questo è stato il mio primo giorno che pago ad altri, il mio primo giorno tolto alla mia età giovanile.


La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.