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nel sito dello "Scoiattolo del Lago Maggiore". Questo sito e' la parte individuale e personale del webmaster, responsabile del sito principale www.schino.com .
L' obiettivo del sito e' di ricomporre in una sola area tutte quelle informazioni precedentemente archiviate in soffitta per dare la possibilita' allo scrivente di rivedere il suo passato, di ricordare quanto fatto quando era ancora ragazzo, e aggiungere quello che e' presente allo stato attuale.

Commenti ... ?

Tutto qui. Spero di aver fatto un buon lavoro (non ancora finito ...).

 

Nella vita prima o poi ...

scoiattolo_07atutti noi siamo costretti a crescere, a istruirci, a modificare il nostro carattere, a conoscere gli altri, a cercare di essere nel limite del possibile coerenti con le nostre idee sia con noi stessi e sia con il prossimo e succede anche che siamo obbligati a modificare le nostre attitudini. Da giovane residente nel profondo Sud ero soprannominato il delfino del Basso Adriatico, poi ho dovuto migrare nel profondo Nord e sono stato costretto a riconvertirmi e sono diventato "Lo scoiattolo del Lago Maggiore".

 

ANGERA - I CATASTI AGRARI NEI SECOLI XVIII-XIX

angera_cascine_recupero_di_una_memoria

Nei sec. XVIII e XIX in Lombardia, la maggior parte della gente che vive del lavoro agricolo non è proprietaria della terra che coltiva.
Da uno studio del Pugliese (ref.1) si ricava la distribuzione della proprietà terriera nella zona collinare intomo al 1730, (data degli atti della Prima Giunta del Censimento) da cui risulta che le proprietà nobiliari sono il 49% della superficie totale, quelle ecclesiastiche il 23%, quelle dei borghesi di ogni genere e i dei contadini il 28%. Il rapporto dei contadini con la terra è vincolato dal tipo di contratto stipulato con la proprietà.
Nella zona collinare, in cui predomina la piccola coltura a grani e a cui si associa, a partire dalla seconda metà del '700, la viticoltura e la gelsicoltura, il contratto a mezzadria (ref.2) è il principale strumento con cui vengono gestiti i fondi. I grandi proprietari terrieri non investono molti capitali nella terra e si associano con il contadino, il massaro, che coltiva la terra e ne divide i prodotti a metà rispondendo ai patti contenuti nel contratto.
I fondi sono coltivati a frumento, miglio e segale, i vigneti sono presenti in quantità notevole mentre i prati permanenti sono rari poiché poco è il bestiame da mantenere.
Le dimensioni delle unità poderali richiedono il lavoro di molte persone, spesso di famiglie numerose o di più famiglie guidate dal "reggitore" che opera senza interferenza da parte del proprietario.
"I contratti si stendono per iscritto, oppure si concludono solo verbalmente, dietro patti riconosciuti per consuetudine e che variano da luogo a luogo. La durata è di un solo anno, ma il più delle volte si rinnovano tacitamente per molti anni. Sta però sempre in facoltà del proprietario di licenziare il colono, col preavviso di sei mesi innanzi la scadenza dell' anno rurale, la quale cade nel giorno di S. Martino"(ref.3).
Il contratto di pura mezzadria cambia verso la fine del '700, quando si inseriscono nel patto associativo elementi di affitto in denaro. Parallelamente si verifica una certa riduzione della dimensione dei poderi, l' interruzione del rapporto con le grandi famiglie patriarcali e, di conseguenza, una certa concorrenza tra piccole famiglie di pigionanti.
"Una famiglia di massari consta bene spesso di più matrimoni e numera 20 e fino a 40 persone, per coltivare dalle 120 alle 200 pertiche e più di terreno. Quella di un pigionante consta per lo più di un matrimonio o due, con da 3 a 8 persone atte al lavoro, e coltiva tra le 25 e le 80 pertiche" (ref.4).
Il contratto misto prevede che il conduttore riservi al proprietario una quota di frumento, segale, avena e altri prodotti del suolo, che divida i guadagni ricavati dai prodotti detti di "soprasuolo", che la foglia dei gelsi sia tutta per il proprietario, che il colono divida a metà la raccolta dei bozzoli e infine che le tavole per i bachi siano a carico del colono.
Il proprietario si riserva inoltre appendizii vari quali contributi in polli, capponi e uova, in giornate lavorative ed anche in fitto in denaro per l' abitazione e l' orto.
Le giornate di lavoro che il colono è obbligato a prestare sono scarsamente retribuite ed inoltre è costretto a pagare una parte delle imposte. Nei contratti in cui il fitto è previsto in grani, il pigionante deve sopportare da solo eventuali danni procurati dalla grandine o dalla siccità poiché si esige da lui sempre lo stesso fitto computato con i prodotti delle migliori annate.
Nella mezzadria i danni erano condivisi in parte dal proprietario. Il fitto a grano oltre a rendere precarie le condizioni di vita del colono, conduce all' impoverimento del terreno poiché, dovendo coltivare circa due terzi della superficie dei suoi campi a frumento ed il terzo a granoturco per la propria alimentazione, non è possibile nessuna rotazione agraria, necessaria all' equilibrio del terreno.
Altra conseguenza è la difficoltà a mantenere il bestiame per l' impossibilità di coltivare foraggio a sufficienza.
Altro tipo di contratto, presente però in minor misura nella zona collinare, è quello delle grandi affittanze in denaro che prevedono la cessione dei fondi a fittaioli agiati con i quali vengono stipulate anche lunghe locazioni.
Spesso sono i Luoghi Pii ad effettuare questa cessione che inserisce una nuova figura tra il proprietario e il colono: il "fittajuolo" che ricava il proprio sostentamento dal lavoro altrui.
Il suo guadagno è ottenuto dall' aumento del fitto in grano e degli appendizii con la conseguenza che il colono è costretto a condizioni di estrema miseria. L' influenza che i diversi contratti agrari hanno sulla vita del colono si legge negli scritti del Cantoni (ref.5) che riportano "... (i contadini delle zone collinari) dimessi nel vestire, sobrii nel vitto, meno proclivi agli stravizzi ed al furto che noi siano gli artigiani, alieni dal frequentare le bettole nei giorni di lavoro, insomma sanno commisurare i loro desideri ai loro mezzi. E per certo questi sono assai scarsi, ancorché si applichino ad alcune industrie e manifatture.
Le donne lucrano coi diversi lavori delle sete, colla filatura del lino e colla tessitura dei nastri di cotone: gli uomini, quando ristanno dai lavori campestri, si occupano coi telai a far tessuti di lino e di cotone. Tuttavia il loro vitto è ancor più meschino di quello dei contadini delle zone montuose: solo in occasione di alcune solennità o di malattia si nutrono di carni, di pane bianco e di minestra di riso: colla farina di granoturco fanno polenta e pane.
Per deficienza di legna da fuoco, che ritraggono dal loro campo in quantità appena sufficiente per far cuocere i loro alimenti, pur sussidiandosi coi fusti e coi torsi del granoturco, nell' inverno sono obbligati a lasciar ammucchiato il legname nelle stalle, onde farle servire di stanza da lavoro per le donne e di scaldatoio per gli uomini."



(ref.1) PUGLIESE, Condizioni economiche e finanziarie della Lombardia nella prima metà del sec. XVIII, in Miscellanea di storia italiana. Torino, 1924
(ref.2) ROMANI M., L' agricoltura in Lombardia dal periodo delle riforme al 18 5 9. Struttura, organizzazione sociale e tecnica. Milano, Giuffrè, 1957.
(ref.3) in "Campagna e contadini in Lombardia durante il Risorgimento." Scritti di Giovanni Cantoni. A cura di G.Lacaita. Milano, Franco Angeli, 1938,pag. 141.
(ref.4) PAREA, Agricoltura in Milano e il suo territorio, pag.157
(ref.5) Campagna e contadini in Lombardia, op.cit.

La mia infanzia ?

Non ricordo molto della mia infanzia perche' non c'e' niente da ricordare, e non voglio ricordare !!.